Subito dopo pranzo, quando il tempo lo consente, porto Agata a fare una passeggiata con la carrozzina con la speranza che questo mi aiuti a eliminare i chili di troppo che continuano a essere sei, fissi da dopo il parto. Scelgo le ore più tiepide della giornata, il che vuol dire pranzare (prima il latte per lei, poi il cibo per me) non oltre l'una e uscire di casa intorno all'una e mezza.
Il giro ormai collaudato è andare da casa mia fino a casa dei miei genitori ed eventualmente allungarlo accompagnata da mio papà e dal cane Giotto fino a Pomelasca, una ridente località di campagna al confine tra tre paesi adiacenti, in cui i conti Sormani possiedono (ancora per poco, dato che l'hanno messa in vendita), una meravigliosa villa ottocentesca dotata di palme nella facciata rivolta a sud, con annesse cascine, terreni e soprattutto una chiesetta in mattoni rossi fiancheggiata da un pino marittimo che si staglia sullo sfondo delle Prealpi brianzole. Si tratta di un'icona del mio paesello ripresa su tutte le cartoline (mi sono sempre chiesta chi mandasse cartoline da qui, ma soprattutto mi chiedo se esistano ancora le cartoline) e su innumerevoli fotografie di compaesani e turistelli in giro per la passeggiata domenicale.
Nonostante la stagione non sia tra le migliori, c'è sempre un nutrito gruppo di signori con rispettivi cagnolini che si radunano nei pressi di una piccola edicola con una Madonnina non troppo lontana dalla chiesetta in mattoni, scambiano due chiacchiere al sole e interagiscono con il vecchio contadino che una volta curava tutti i campi intorno e ancora adesso si sente giustamente un po' il padrone della tenuta mentre si aggira con il bastone e la pancia enorme.
Oggi c'era un altro contadino, un signore simpaticissimo con meravigliosi occhi azzurro ghiaccio, anche lui di una certa età, alle prese con la pulizia dei rami più bassi degli alberi che portano alla chiesetta, dove in quaresima si celebrerà la via Crucis. Mi ha raccontato che il prete gli ha chiesto di fare un po' di pulizia del verde, così ha parcheggiato il suo trattore oltre gli alberi e si è messo a lavorare di buona lena.
Tutto orgoglioso mi ha detto che il trattore ha compiuto 63 anni; io l'ho guardato e in effetti sembrava uscito da uno di quei film ambientati durante la seconda guerra mondiale. Non ho avuto il coraggio di sfoderare il cellulare e fotografarlo, mi è sembrata una cosa così anacronistica... Questo nella foto è simile. Appartiene ai conti, lui lo ha sempre tenuto bene, ha i suoi acciacchi ma lo ha sempre riparato. Si chiede cosa succederà quando venderanno la villa. Verde scuro, con ruote enormi e parafanghi stondati come una Pontiac del '53, lo usa da sempre, perché lui fa il contadino da quando era bambino e abitava nella bergamasca, poi è venuto qui in Brianza e ha continuato a fare il contadino. Ha imparato da suo papà, che gli ha spiegato quando e come tagliare l'erba dei prati per farne il fieno: il primo taglio si fa intorno al dieci maggio, ma non se piove o se è prevista pioggia, altrimenti il fieno si rovina! Poi ce ne sono altri due durante l'anno, mi ha anche detto i nomi in dialetto, ma me li sono già dimenticati. Quando il contadino ha guardato la bimba mi ha raccontato che lui ha il naso lungo perché la sua nipotina, che adesso ne ha undici di anni, continuava a prenderglielo con le mani e a tirarlo quando era piccola come Agata. Poi mi ha salutato dicendo che questi bambini sono una benedizione e si è rimesso a radunare i rami tagliati.