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mercoledì 28 marzo 2012

Москва

è una tradizione che in tempo di viaggio questo blog diventi un po' la mia casa mobile a cui affidare tutti i souvenir immateriali collezionati nei vagabondaggi. questa volta è il turno di mosca, e si tratta di un turno particolarmente rigido e provante: le piante fiorite in italia si possono vedere solo nei grandi magazzini ГУМ sottoforma di fittizio arredo pseudoprimaverile in plastica e tessuto che rallegra il cuore pur non scaldandolo tra una boutique di alberta ferretti e una pasticceria italiana per ricchi. 
incredibile come la storia del novecento sia più volte passata da qui, e come, nonostante la dittatura, rimanga ancora moltissimo del comunismo più comunista che ci si può immaginare, a partire innanzitutto dal vuoto onnipresente che fa a pugni con la decorazione, la ricchezza, l'estro della creatività russa. vuoto di idee, vuoto di memoria, vuoto di chiese e di edifici antichi, vuoto di alberghi-caserme che lasciano una voragine. vuoto che è una presenza poco indiscreta, vuoto che è un'assenza ingombrante.
il vuoto nella piazza rossa, che vuol dire innanzitutto piazza bella, sembra meno vuoto perchè intorno ci sono meravigliosi edifici, palazzi, porte, chiese, che hanno segnato la storia della russia e non solo di mosca. il pieno è fatto delle persone, di questi russi che hanno proprio la faccia da russi, gli abiti da russi, i modi da russi. i russi con il colbacco in pelliccia, le russe con la pelliccia col tacco, i foulard intorno alla testa a coprire le pettinature anni ottanta, come se dai tempi di lenin non fossero passati i tempi e la metropolitana lucida, marmorea, curata, con l'inevitabile imperfezione o trasandate nella perfetta trascuratezza. un po' est, un po' ovest, come il megastore di giocattoli di marca (da hello kitty a lego, da mio minipony ai peluches trudy) dirimpettaio del supermercato con gli scaffali mezzi vuoti, in cui i prodotti non bastano a esaurire lo spazio e il senso di carestia mai sopito di chi non ha potuto possedere, comprare, guadagnare per decenni. 

mercoledì 24 dicembre 2008





Rogier van der Weyden, Trittico Bladlin (pannello centrale)

1445-50, olio su tavola, 91 x 40 cm

Staatliche Museen, Berlin

venerdì 28 novembre 2008

APPELLO PER LA STORIA DELL’ARTE NELLA SCUOLA

APPELLO PER LA STORIA DELL’ARTE NELLA SCUOLA



L’ANISA, Associazione Nazionale degli Insegnanti di Storia dell’Arte, presa visione di un documento

in bozza completo di quadri orari, riguardante i nuovi curricula dei Licei, esprime sconcerto e viva

preoccupazione in merito alla presenza della Storia dell’arte nella Scuola italiana. Come nostro

costume, non vogliamo farne una difesa corporativa, ma solo sollevare un problema di congruità e di

qualità formativa.

In particolare ci sembra del tutto ingiustificato che le ore di insegnamento di Storia dell’Arte

diminuiscano al liceo artistico per evidenti ragioni di indirizzo di studi e, soprattutto, che al liceo

classico, si adotti la scelta penalizzante di assegnare una sola ora settimanale alla disciplina, sia al

biennio che al triennio, laddove il ministro Gelmini si era impegnato ad aumentarne la presenza. Se

infatti ci si ferma ad un puro calcolo aritmetico, rispetto al corso classico tradizionale, la disciplina

aumenta di 1 ora il suo monte orario nel quinquennio (attualmente è presente solo al triennio con 1 ora

nei primi due anni e 2 ore al terzo anno). Ma sul piano dell’efficacia didattica che peso può avere

l’insegnamento di una disciplina per una sola ora settimanale, specialmente nell’anno finale quando la

Storia dell’arte è il perno su cui ruotano la maggior parte dei percorsi interdisciplinari che gli studenti

elaborano per gli esami orali?

Senza parlare del fatto che, vista l’infondatezza didattica di un insegnamento con una unica ora

settimanale, nella maggior parte dei licei classici sono da anni in atto sperimentazioni consolidate che

vedono la presenza della disciplina per 2 ore settimanali per cinque anni per cui, di fatto, il previsto

scenario dimezzerebbe non innalzerebbe il monte orario del suo insegnamento.

Si chiede pertanto di assicurare agli studenti della Scuola italiana e, in particolare, a quelli del liceo

classico ed artistico, un insegnamento della storia dell’arte adeguato affinché si possa garantire in modo

efficace la formazione disciplinare e culturale dei nostri studenti. Infine, se vogliamo che i cittadini di

domani difendano i principi enunciati nell’art.9 della Costituzione, occorre che conoscano il

patrimonio storico-artistico che saranno chiamati a salvaguardare. O è proprio questa consapevolezza

che si vuole cancellare?

Clara Rech

Presidente Nazionale ANISA per l’educazione all’Arte
Ieri sera sono stata all'inaugurazione di una mostra di pessima "arte" contemporanea in una chiesa sconsacrata vicino al tribunale di como, quello di olindo e rosa per intendersi, appena fuori dalle mura antiche della città.

mi ha attirato il volantino visto in biblioteca: "verranno forniti assaggi di cioccolato abbinato alle diverse opere d'arte fino a esaurimento scorte".

convinta che le scorte fossero già esaurite all'ora in cui sono arrivata io, sono invece riuscita ad accaparrare un sacchettino di cioccolatini e ho iniziato ad aggirarmi per pessime installazioni ammassate con finto stile negli spazi affascinanti della chiesa vuota, seguendo le istruzioni  e mangiando i diversi cioccolatini (nocciola, fondente, al latte, ai cereali) a seconda dei settori della chiesa.

la musica di sottofondo era pessima come le opere: un'accozzaglia di versioni pop dello stabat mater di pergolesi mischiata a musica commerciale di serie b.

si salvavano due o tre opere che potevano avere un futuro nel bagno di qualche capriccioso riccone ignorante, ma le altre erano davvero pateticamente vuote. c'era anche un artista che elencava i significati di insulse tavole che scimmiottavano i generali di baj con un misto di basquiat e keith haring dei poveri, dicendo: questa linea vuol dire questo, questi punti invece quest'altro, questi inserti ricordano questa cosa ecc. io intanto pensavo che piuttosto avrei preferito risolvere i rebus della settimana enigmistica.

oltre a mangiare il cioccolato il mio scopo era anche quello di incontrare l'uomo della mia vita, un trentenne molto figo e intellettualoide, interessato all'arte, possibilmente benestante e di como.

ma ovviamente mi è andata meglio col cioccolato.

venerdì 29 agosto 2008

Domani finisce la mia estate.

Per quanto non riprenda a lavorare a tempo pieno e con i consueti ritmi scolastici, da domani tornerò a scuola per gli scrutini degli esami di riparazione.

Non ho ancora messo la testa a posto, ma questa meraviglia di agosto caldo e assolato aiuta parecchio nel desiderio puntuale che l'estate non si fermi qui ma prosegua per un altro paio di mesi. Lo scorrere delle stagioni è piuttosto inesorabile, per quanto siamo sempre più abituati alle bizzarrie del clima. Ma le giornate si accorciano i raggi si inclinano e le temperature si abbassano, e d'improvviso ci si trova catapultati nell'autunno noioso dei banchi di scuola che puntuale arriva con le piogge e i primi maglioni. Eppure ogni anno io spero sempre che la terra inverta la sua rotazione e l'estate si blocchi sull'emisfero boreale. Sarebbe un bello scherzo poter saltare un inverno a piedi pari. Lo spero al punto che l'acqua del lago, che è più calda in questi ultimi giorni di bagni e di sole, mi sembra il preludio ad un'estate che sta arrivando, invece che andando. Ma sono gli scherzi di un lago che quest'anno è traboccato più volte con un nostalgico effetto acqua alta nella piazza di Como.

Oggi sono andata a visitare la Reggia di Venaria Reale, una magnifica accozzaglia di edifici realizzati tra Sei e Settecento poco fuori Torino, che una volta faceva parte della cosiddetta "corona di delizie" intorno alla città, da poco riaperta alla visita in tutto il suo splendore. Confesso che dopo tre settimane di Nuovo Mondo è stato piacevole posare gli occhi su rocailles, esedre piene di stucchi, intonaco dal bagliore accecante e profumati giardini all'italiana.

Stasera invece ho rivisto Peppo, l'esile e allo stesso tempo grande prof di disegno che ho avuto l'onore di incrociare nel mio percorso da studente. E' sempre così bello rivederlo. Un buon modo davvero, per trascorrere l'ultima sera di vacanza prima di tornare a "scuola".

lunedì 21 luglio 2008

ho il contenuto della mia futura valigia sparpagliato sul letto, pronto per essere riversato nel nuovo trolley acquistato per sostituire lo zainone che non potrò mai più usare.

secondo me, includendo i regalini, il parmigiano e cazzatine varie avanzerà addirittura posto, assolutamente necessario per gli acquisti che spero e temo saranno numerosi. non che sia enorme, ma il vantaggio di essere femmina e viaggiare in estate permette di portarsi una schiera di canotte e mini magliette che occupano si e no lo spazio di un gatto. (già. perchè brio che ha sempre mostrato di adorare ceste, cestini, armadi, borsoni, scatole, cassetti, mostra di apprezzare moltissimo il trolley che è pertanto già pieno di peli che mi terranno compagnia, insieme a quelli che sono già sui vestiti solitamente conservati negli armadi di cui sopra, quando sarò dall'altra parte del mondo senza di lui).

mi si prospetta una vacanza culturale in cui non so esattamente come farò a dividere le giornate tra un museo e l'altro.

incomincerò con una bella mostra: da el greco a velazquez, al museum of fine arts di boston, passando per l'isabella gardner museum, poi l'ICA (institute of contemporary art) e l'MIT museum. questo solo per quanto riguarda boston.

toronto sarà una tappa a metà tra la natura e la vita notturna, tra feste e concerti jazz e visite ai dintorni della città, niagara falls comprese.

infine new york.. new york, da dove inizio? moma, met, frick, neue galerie, guggenheim e miliardi di gallerie. ma già alla sera del mio arrivo sono stata invitata a un pic nic nel parco con film e qualche altra americanata.

intanto qui in brianza la vita procede come al solito, tra bagni al lago non fatti causa nuvole, feste paesane con tanto di lucine in piazza e balli popolari, bancarelle e fuochi d'artificio, noia sparsa e costante, anna karenina che mi accompagna nei pomeriggi sonnolenti, lunghe passeggiate con giotto in mezzo ai campi caldi di grilli e cicale, una nuova bici in arrivo per riprendere confidenza con l'europa al mio ritorno.

l'estate scivola via così, purtroppo, senza neanche rendermi conto.

mi sono persa il redentore, mi sono persa un matrimonio ssis, mi perderò un paio di super concerti... spero di recuperare.

mercoledì 2 luglio 2008

Non scherzar con l'ascia...

Novella LXXXIV


 


Uno dipintore sanese, sentendo che la moglie ha messo in casa un suo amante, entra in casa e cerca dell'amico, il quale trovando in forma di crocifisso, volendo con un'ascia tagliarli quel lavorío, il detto si fugge, dicendo: «Non scherzare con l'ascia».


— * —


Fu già in Siena uno dipintore, che avea nome Mino, il quale avea una sua donna assai vana, ed era assai bella, la quale un Sanese buon pezzo avea vagheggiata, e anco avea aúto a fare con lei, e alcuno suo parente piú volte gliel'avea, detto, e quel nol credea. Avvenne un giorno che, essendo Mino uscito di casa, ed essendo per alcuno caso andato di fuori per vedere certo lavorío, soprastette la notte di fuori. L'amico della donna, di ciò avvisato, la sera andò a stare con la moglie del detto dipintore a suo piacere. Come il parente sentí questo, che avea messo le spie per farnelo una volta certo, subito andò di fuori dove Mino era, e tanto fece che, dicendo per certa cagione dovere andare e tornare dentro, fu mandato uno con le chiavi dello sportello: e questo parente, uscendo fuori, lasciò quello delle chiavi dello sportello che l'aspettasse, e andò a Mino, el quale era a una chiesa presso a Siena; e giunto là disse:

- Mino, io t'ho detto piú volte della vergogna che mogliera fa a te e a noi, e tu non l'hai mai voluto credere; e però, se tu ne vuogli esser certo, vienne testeso e troverra'loti in casa.

Costui subito fu mosso e intrò in Siena per isportello; e 'l parente disse:

- Vattene a casa, e cerca molto bene, però che, come ti sentirà, l'amico si nasconderà, come tu déi credere.

Mino cosí fece, e disse al parente:

- Deh, vienne meco; e se non vuogli entrare dentro, statti di fuori.

E quel cosí fece.

Era questo Mino dipintore di crocifissi piú che d'altro, e spezialmente di quelli che erano intagliati con rilevamento; e aveane sempre in casa, tra compiuti e tra mani, quando quattro e quando sei; e teneagli, com'è d'usanza de' dipintori, in su una tavola, o desco lunghissimo, in una sua bottega appoggiati al muro l'uno allato all'altro, coperti ciascuno con uno sciugatoio grande; e al presente n'avea sei, li quattro intagliati e scolpiti, e li due erano piani dipinti, e tutti erano in su uno desco alto due braccia, appoggiati l'uno allato all'altro al muro, e ciascuno era coperto con gran sciugatoi o con altro panno lino. Giugne Mino all'uscio della sua casa, e picchia. La donna e 'l giovane, che non dormiano, udendo bussare l'uscio, subito sospettano che non fosse quello che era; e la donna, senza aprire finestra o rispondere, cheta cheta va a uno piccolo finestrino, o buco che non si serrava, per vedere chi fosse; e scorto che ebbe essere il marito, torna allo amante, e dice:

- Io son morta: come faremo? il meglio ci sia è che tu ti nasconda.

E non veggendo ben dove, ed essendo costui in camicia, capitorono nella bottega dov'erano li detti crocifissi.

Disse la donna:

- Vuo' tu far bene? sali su questo desco e pònti su uno di quelli crocifissi piani con le braccia in croce, come stanno gli altri, e io ti coprirrò con quel panno lino medesimo, con che è coperto quello; vegna cercando poi quanto vuole che io non credo che in questa notte e' ti truovi, e io ti farò un fardellino de' panni tuoi e metterògli in qualche cassa, tanto che vegna il dí; poi qualche santo ci aiuterà.

Costui, come quello che non sapea dove s'era, sale sul desco e leva lo sciugatoio, e in sul crocifisso piano si concia proprio, come uno de' crocifissi scolpiti, e la donna piglia el panno lino e cuoprelo, né piú né meno, com'erano coperti gli altri, e torna a dirizzare un poco il letto che non paresse vi fusse dormito se non ella; e tolto le calze, e scarpette, e farsetto, e gonnella e l'altre cose dello amante, subito n'ebbe fatto un assettato fardellino e mettelo tra altri panni. E ciò fatto, ne va alla finestra, e dice:

- Chi è?

E que' risponde:

- Apri, io son Mino.

Dice quella:

- O che otta è questa? - e corre ad aprirli.

Aperto l'uscio, e Mino dice:

- Assai m'ha' fatto stare, come colei che se' stata molto lieta che io ci sia tornato.

Disse quella:

- Se tu se' troppo stato, è defetto del sonno, però che io dormiva e non t'udía.

Dice il marito:

- Ben la faremo bene.

E toglie uno lume e va cercando ciò che v'era insino a sotto il letto.

Dice la moglie:

- O che va' tu cercando?

Dice Mino:

- Tu ti mostri nuova; tu 'l saprai bene.

Dice quella:

- Io non so che tu ti di': sapera'tel pur tu.

Andando costui cercando tutta la casa, pervenne nella bottega, dov'erano li crocifissi. Quando il crocifisso incarnato lo sente ivi, pensi ciascuno come gli parea stare; e gli convenía stare come gli altri che erano di legno; ed egli avea il battito della morte. Aiutollo la fortuna, ché né Mino né altri mai averebbe creduto essere in quella forma colui che era nascoso. Stato che Mino fu nella bottega un poco, e non trovandolo, s'uscí fuori. Era questa bottega con una porta dinanzi, la quale si serrava a chiave di fuori, però che uno giovene che stava col detto Mino, ogni mattina l'apriva come s'aprono l'altre, e dalla parte della casa era uno uscetto là, donde il detto Mino entrava nella bottega; e quando ne uscía della bottega e andavane in casa, serrava il detto uscetto a chiave, sí che il vivo crocifisso non se ne poteva uscire, se avesse voluto.

Essendosi combattuto Mino il terzo della notte, e non trovando alcuna cosa, la donna s'andò al letto, e disse al marito:

- Va' tralunando quantunche tu vuogli; se tu ti vuogli andare al letto, sí ti va'; e se no, va' per casa come le gatte, quanto ti piace.

Dice Mino:

- Quand'io arò assai sofferto, io ti darò a divedere che io non sono gatta, sozza troia, che maladetto sia il dí che tu ci venisti.

Dice la moglie:

- Cotesto potre' dir'io: è bianco, o vermiglio quello che favella?

- Io tel farò bene assapere innanzi che sia molto.

Dice quella:

- Va' dormi, va', e farai il tuo migliore, o tu lascia dormir me.

Le cose per istracca si rimasono per quella notte; la donna s'addormentò, e ancora egli andò a dormire. Lo parente, che di fuori aspettava come la cosa dovesse riuscire, standovi insino passata la squilla, se n'andò a casa, dicendo: «Per certo, in tanto che io andai di fuori per Mino, l'amante se ne sarà andato a casa sua».

Levatosi la mattina Mino molto per tempo, e ancora ragguardando per ogni buco, nella fine, avendo assai cercato, aprí l'uscetto e venne nella bottega: e 'l suo garzone aperse la porta di fuori da via della detta bottega.

E in questo, guardando Mino questi suoi crocifissi, ebbe veduto due dita d'uno piede di colui che coperto stava.

Dice Mino fra sé stesso: «Per certo che quest'è l'amico». E guardando fra certi ferramenti, con che digrossava e intagliava quelli crocifissi, non vidde ferro esser a lui piú adatto che un'ascia che era tra essi. Presa quest'ascia, e accostatosi per salire verso il crocifisso vivo, per tagliargli la principal cosa che quivi l'avea condotto, colui, avvedutosi, schizza con un salto, dicendo:

- Non ischerzar con l'asce.

E levala fuori dell'aperta porta; Mino drietoli parecchi passi, gridava: «Al ladro, al ladro»; colui s'andò per li fatti suoi.

Alla donna, che tutto avea sentito, capitò un converso de' frati predicatori che andava con la sporta per la limosina per lo convento. Andato su per le scale, come talora fanno, disse:

- Frate Puccio, mostrate la sporta, e io vi metterò del pane.

Quegli la diede. La donna, cavato il pane, vi misse il fardellino che l'amante avea lasciato, e sopra esso gittò suso il pane del frate e quattro pani de' suoi, e disse:

- Frate Puccio, per amor d'una donna che recò qui questo fardellino dalla Stufa, dove pare che il tale ier sera andasse, io l'ho messo sotto il pane nella vostra sporta acciò che nessuno male si potesse pensare; io v'ho dato quattro pani; io vi priego (ché egli sta presso alla vostra chiesa) quando n'andate, che voi glielo diate a lui, che 'l troverrete a casa; e ditegli che la donna della Stufa gli manda i suoi panni.

Dice Fra Puccio:

- Non piú! lasciate far me.

E vassi con Dio; e giugnendo all'uscio dell'amante, mostrando chieder del pane, domandava:

- Ècci il tale?

Colui era nella camera terrena; udendosi domandare, si fece all'uscio, e dice:

- Chi è là?

Il frate va a lui, e dàgli i panni, dicendo:

- La donna della Stufa ve li manda.

E colui gli dié duo pani, e 'l frate partissi. E l'amante considera bene ogni cosa, e subito ne va al campo di Siena, e fu quasi de' primi vi fusse quella mattina, e là facea de' suoi fatti, come se mai tal caso non fusse avvenuto. Mino quando ebbe assai soffiato, essendo rimaso scornato del crocifisso, che s'era fuggito, ne va verso la moglie dicendo:

- Sozza puttana, che di' che io sono gatta, e che io ho beúto bianco e vermiglio, e nascondi i bagascioni tuoi in su' crocifissi; e' convienne che tua madre il sappia.

Dice la donna:

- Di' tu a me?

Dice Mino:

- Anche dico alla merda dell'asino.

- E tu con cotesta ti favella, - disse la donna.

Dice Mino:

- E anche non hai faccia, e non ti vergogni? che non so ch'io mi tegno che io non ti ficchi un tizzon di fuoco nel tal luogo.

Dice la donna:

- Non saresti ardito, s'io non ho fatto l'uomperché; ché alla croce di Dio! stu mi mettessi mano addosso non facesti mai cosa sí caro ti costasse.

Costui dice:

- Deh, troia fastidiosa, che facesti del bagascione uno crocifisso, che cosí gli avess'io tagliato quello che io volea com'egli s'è fuggito.

Dice la donna:

- Io non so che tu ti beli: qual crocifisso si poté mai fuggire? non sono egli chiavati con aguti spannali? e se non fusse stato chiavato, e tu te ne abbi il danno, se s'è fuggito però che egli è tua colpa, e non mia.

Mino corre addosso alla donna e cominciala a 'ngoffare:

- Dunque m'hai tu vituperato e anco m'uccelli?

Come la donna si sente dare, che era molto piú prosperevole che Mino, comincia a dare a lui; da' di qua, da' di là, eccoti Mino in terra e la donna addossoli, e abburattalo per lo modo. Dice la donna:

- Che vuoi tu dire? Pigliala comunche tu vuoi, che vai inebbriando di qua e di là, e poi ne vieni in casa e chiamimi puttana; io ti concerò peggio che la Tessa non acconciò Calandrino: che maladetto sia chi mai maritò nessuna femina ad alcuno dipintore, ché siete tutti fantastichi e lunatichi, e sempre andate inebbriando e non vi vergognate.

Mino, veggendosi mal parato, priega la donna che lui lasci levare, e ch'ella non gridi, acciò che i vicini non sentino, che, traendo al romore, non trovassino la donna a cavallo. Quando la donna udí questo, dice:

- Io vorrei volentieri che tutta la vicinanza ci fosse.

E levossi suso, e cosí si levò Mino col viso tutto pesto; e per lo migliore disse alla donna che gli perdonasse, ché le male lingue gli avevano dato a creder quello che non era, e che veramente quello crocifisso s'era fuggito per non essere stato confitto. E andando il detto Mino per Siena, era domandato da quel suo parente che l'avea indotto a questo:

- Come fu? come andò?

E Mino gli disse che tutta la casa avea cerco e che mai non avea trovato alcuno; e che, guatando tra' crocifissi, l'uno gli era caduto sul viso, e avealo concio come vedea. E cosí a tutti e' Sanesi che domandavano: «Che è quello?» dicea che uno crocifisso gli era caduto sul viso.

Ora cosí avvenne, che per lo migliore si stette in pace dicendo fra sé medesimo: «Che bestia son io? io avea sei crocifissi e sei me n'ho: io avea una moglie e una me n'ho; cosí non l'avess'io! a darmi briga, potrò arrogere al danno, come al presente m'è incontrato; e s'ella vorrà esser trista tutti gli uomini del mondo non la potrebbono far esser buona»; se non intervenisse già come intervenne a uno nella seguente novella.




Franco Sacchetti, Trecentonovelle, 1399

martedì 15 aprile 2008

mentre si legge solo di politica, io sono alle prese con case del fascio costruite in pieno regime da architetti apparentemente servi del potere, che nella loro genialità sono riusciti a lasciare a distanza di decenni un messaggio completamente indipendente da ogni credo politico, nella purezza delle forme geometriche e spaziali, nel bianco e nella trasparenza di marmo e vetro, in un rapporto non scontato eppure sottilmente evocato con il passato romano, medievale, rinascimentale, settecentesco di una città di provincia che negli anni '30 diventa il crocevia del movimento moderno. edifici che si alzano e sviluppano al ritmo di musica, che offrono sezioni auree a volontà e superfici piane come giochi grafici di incastri rettangolari. bianco, nero, marmo, vetro, ombre, luci.

doveva essere, come il fascismo, una "casa di vetro in cui tutti possono guardare". peccato che tutti potessero guardare ma non toccare, entrare. invece è un monumento che in sè assomma il rigore del castrum romano, l'impianto del broletto medievale, ed è il contraltare di un magnifico duomo iniziato dai magistri cumacini, antichi scalpellini emigrati in tutta italia a portare le loro conoscenze, e voltato da una cupola di juvarra con un'imponente presenza scenica soprattutto nella piazza sul retro, che corre lungo le absidi e porta direttamente all'altro lato, alla casa del fascio.

i numeri, le percentuali, le accuse, le ammissioni di sconfitta e le proclamazioni di vittoria, la scoperta di un razzismo leghista molto più radicato dalle mie parti di quanto potessi immaginare, non riescono tuttavia a distrarmi dalla mia tesuccia di abilitazione con poche pretese, che però sembra cadere a pennello e dopotutto mi conforta.

come se la politica fosse il sale della vita.

sarò di parte, ma per me c'è altro.

lunedì 31 marzo 2008

A proposito della Vergine delle rocce di Leonardo:



" in quest'opera viene data molta importanza anche alla PROSPETTIVA DE' PERTINENTI  (??) cioè Leonardo i personaggi importanti li colorava e li definiva bene, invece le cose meno importanti erano poco definite, infatti nei suoi dipinti c'è la caratteristica di una nebbiolina. di questo dipinto viene fatta anche un'altra opera similissima".



" a mio parere la seconda versione è meno bella poichè è più scura ed è quasi inquietante e i bambini sembrano morti".




A proposito della Pala di Brera di Piero della Francesca:



"Alle spalle della Madonna troviamo numerosi santi tra i quali possiamo riconoscere S. Giovanni Battista con il bastone e i vestiti di cammello, S. Pietro con la pietra sul petto (era San Girolamo) S. Francesco con L'ESTIGMATE (sì, avete letto bene. elle apostrofo estigmate), S. Girolamo con il taglio in testa (era S. Pietro martire)

mercoledì 26 marzo 2008

"L'immagine riproduce l'Hera di Samo; era una kore, che ora è acefala e dà un senso di staticità. A differenza dei kouroi, le korai erano sempre vestite (questo per delineare la perfezione dell'uomo e non della donna)."



"Il gotico in Italia è molto più smorto"

sabato 22 marzo 2008

intorno al crocifisso

in questi giorni riflettevo sul fatto che nella storia dell'arte l'immagine della crocifissione è molto più diffusa rispetto a quella della resurrezione.

penso a tutti i crocifissi dipinti che sono arrivati fino a noi dal medioevo. christus patiens, christus triumphans, crocifissioni, deposizioni dalla croce, compianto sul corpo di cristo morto. quasi come se l'aspetto più crudele della vicenda di Cristo fosse più importante dell'aspetto trionfante.








il potere dell'immagine cruda, terribile, legata a un evento tanto umano quanto tragico come la morte, è mille volte più forte dell'immagine quasi ultraterrena della resurrezione.








forse è tale l'attrazione morbosa dell'uomo verso la rappresentazione del male. o forse è questa la forza di un Dio che non si vergogna di morire e di mostrare la sua morte, nella sua insensatezza.








penso alle infinite rappresentazioni di madonne con bambino, in cui il figlio porta, pur così piccolo e paffuto, i segni della sua adultità e del suo tragico destino: un grappolo d'uva come rimando al vino che diventerà sangue nell'ultima cena, lo stesso sangue che sarà versato sulla croce; un corno di corallo rosso, un pettirosso in mano, un melograno aperto con il suo succo aspro e rossastro.








maria ha spesso uno sguardo triste, che fugge lontano, conscia del destino del suo unico figlio che è quello di essere deriso, incoronato di spine, flagellato e infine ucciso.

il corpo del bambino è spesso appoggiato ad un parapetto di marmo che rimanda subito al marmo del sepolcro in cui verrà rinchiuso per tre giorni come giona fu rinchiuso nel ventre del pesce. a volte poggia il capo su un cuscino di velluto nero.



spesso ha gli occhi chiusi in un sonno che è un sonno di morte, completamente abbandonato sul grembo della mamma.






domenica 16 marzo 2008

la regina teodolinda ringrazia il plebeo ermanus per la consulenza.

chioccia e pulcini si inchinano. niente archi di trionfo, però.



domenica 24 febbraio 2008

ho avuto in dono la serie completa dei maestri del colore fabbri. ben duecento fascicoli editi a fine anni '60 con le riproduzioni a colori di alcuni dei capolavori di ciascun maestro, dal  medioevo al primo novecento. certo, le riproduzioni sono un po' datate e l'apparato critico non ha niente a che vedere con quello dei classici dell'arte rizzoli o con gli art dossier giunti, ma ho la mania di collezionare libri e tant'è.

ho dovuto liberare un ripiano intero di un mensolone che corre sopra al mio letto e che spero non crolli al peso di tutti questi fascicoli, decisamente non indifferente. se domani non mi alzo dal letto perchè sepolta dall'arte, sapete la ragione.

sarebbe un peccato, dato che ho perso più di due ore a spolverarli e a sistemarli in ordine alfabetico. tralaltro questa cosa mi ha dato la possibilità di fare una statistica sui nomi dei pittori: abbondano quelli che iniziano per "c" e per "m", mentre non c'è nessuno che inizi con la "n". mi sono accorta di non conoscere assolutamente due nomi.. gravissimo! nella fattispecie tale quinten metsijs e tale adam elsheimer. ora non so se vergognarmi di ciò o se imputare questa mia mancanza all'alternanza di fortuna di alcuni nomi nel tempo, per cui forse questi due signori al momento della pubblicazione godevano di maggiore considerazione. è anche vero che non me ne intendo molto di pittori stranieri che non siano i soliti dell'otto e del novecento.

per il secondo c'è una voce su wikipedia e da quanto ho capito ha vissuto all'incirca al tempo di caravaggio, passando per venezia e trasferendosi a roma dove si convertì al cattolicesimo (ma chi gliel'ha fatto fare in epoca di controriforma e inquisizione??) dedicandosi in particolar modo al paesaggio che nella sua vastità inghiottisce le tracce della presenza umana e sicuramente la fa da padrone all'interno della composizione, cosa tipicamente nordica in quel periodo.

bello questo notturno con riposo durante la fuga in egitto.







il primo invece sembrerebbe essere molto più sconosciuto, almeno da una breve ricerca su internet (compare però in una voce olandese di wikipedia), ma dando un'occhiata alle opere riprodotte nel fascicolo si riconosce una chiarissima impronta fiamminga alla van eyck, sia nei ritratti, sia nelle opere a carattere religioso.

simpatica questa con gli usurai, tralaltro dovrebbe essere ancora a roma per chi la volesse andare a vedere. una caricatura piuttosto spietata per una scenetta di genere di tutto rispetto.





domenica 13 gennaio 2008

mercoledì 31 ottobre 2007

Mi si chiede di scrivere, e scriverò.

Scriverò di due artisti francesi, Anne e Patrick Poirier, che mi hanno incantato l'altro pomeriggio in una buia aula universitaria con il loro semplice racconto di una vita trascorsa insieme, in un grand tour / pellegrinaggio tra rovine e parchi archeologici dal levante all'occidente, da villa adriana alla cambogia, cercando di preservare con sottile carta giapponese e petali di fiori l'antica fragilità del passato.

Suggestionati dall'apparente grandiosità dei monumenti antichi, resi deboli, piccoli e frammentari dallo scorrere del tempo e dall'accumularsi dei detriti che una nevicata durata per secoli ha coperto, nascosto, inglobato, si sono dati da fare insieme, per riportare alla luce non solo il frammento materiale, ma l'anima che a lungo è stata sepolta con esso.

mercoledì 14 marzo 2007

mi sto immergendo in un sereno clima di spiritualità francescana, a poco più di due settimane dalla fatidica gita o come si dovrebbe chiamare in maniera più nobile "viaggio di istruzione". spero non si trasformi in un viaggio di distruzione (nè mio, nè degli studenti). gradirei fare le vacanze pasquali senza traumi.

esame di pedagogia questo pomeriggio. un tema scritto a partire da una traccia che chiedeva praticamente tutto il contenuto dei due libri da studiare (che è già tanto se sono riuscita a leggere almeno una volta).

e ora devo decidermi a mettere i voti sulle verifiche da riconsegnare domani in prima. l'alternativa è preparare una lezione e sentirsi dire per tutta l'ora "prof ma quanto ci mette a restituirci le verifiche corrette??". come se prendere un cinque e mezzo adesso o tra due giorni ti cambiasse la vita.

il problema è che non ho voglia di mettermi a pensare una lezione su di un argomento nuovo, quindi mi limiterò a fare la cosa più odiosa (insieme ai consigli di classe): valutare le prestazioni scolastiche con una scala numerica che dovrebbe andare dall'1 al 10. in realtà la parte divertente l'ho già fatta: leggere, penna rossa in mano, tutte le fregnacce che hanno scritto come risposta i miei adorati alunni, e ridere a crepapelle (ma anche strapparsi i capelli) ogni due o tre righe, cercando di capire cosa passasse nel cervello di chi ha scritto cose veramente esilaranti.

devo dire che quando si tratta di interpretare le raffigurazioni presenti sui vasi greci già visti e spiegati in classe, si giunge ad esiti davvero sorprendenti.

un paio di esempi non guastano, se non vi dispiace essere intrattenuti.







Achille e Aiace stanno giocando ai dadi, con lance e scudi e le schiene curve sul tavolo, quasi a seguire i profili dell'anfora, decorata con la tecnica a figure nere su fondo rosso, da Exekias, ceramografo greco, intorno al 540 a.C.



Domanda della prof: Cosa rappresenta questa immagine?



Risposta di R.M. (variante n. 1): "L'immagine rappresenta Achille ed un suo amico intenti a muovere le pedine di un gioco da tavolo" [perchè no, facciamoci una bella partitella a risiko]

Risposta di B.B. (variante n. 2): "L'immagine rappresenta due omini intenti a giocare ad un gioco da tavolo" [poi prendiamo anche l'omino della michelin, l'omino del mulino bianco, e facciamo un bel torneo di monopoli]

Risposta di B.L. (variante n. 3): "L'immagine rappresenta Achille e Diomede [?] che giocano a scacchi."

Risposta di C.B. (variante n. 4): "L'immagine rappresenta due soldati (Achille e Diomede) [?] che giocano a scacchi". [qui qualcuno ha suggerito male a qualcunaltro]

Risposta di S.B. (variante n. 5): "L'immagine rappresenta Achille e Aiace sulla spiaggia che giocano a dadi" [versione estiva della scena]






martedì 6 marzo 2007

super giotto mi fa impazzire. scodinzola talmente forte che muove insieme alla coda anche tutto il sederino!

ogni tanto però penso alla mia gatta vecia. chissà se si è ambientata bene nel posto dove si trova ora. chissà se ogni tanto mi manda una leccatina con quella sua linguetta ruvida e il nasino umido.

a volte penso che voler prendersi cura di un altro gattino sia come tradire la sua amicizia, ma proprio non ce la faccio all'idea di restare senza un esponente del mondo felino. giotto è un cane, cosa ben diversa, per quanto straordinaria. non vedo l'ora che qualche mamma gatta sforni una bella cucciolata di zampine incerte e occhietti ancora chiusi, batuffoli di pelo da cui escono sottili e attutiti miagolii.



per il resto, continuo nella mia folle corsa quotidiana dalla scuola all'università, progettando gite e vacanze, studiando libri su libri, mangiando rabbia al cospetto di qualche ottuso professore.

sabato ho riordinato insieme a emil il mio giardino grasso, togliendo la piccola serra artigianale che a stento ricopriva mr. paletta e i suoi compari, più che mai rigogliosi dopo un inverno mite e generoso. c'è una nuova coinquilina che deve ancora trovare una sistemazione. per ora resta nel suo bel vasetto verde qui vicino a me, sulla scrivania.



domenica è iniziata la vera primavera. è iniziata in un bosco, su una mulattiera in salita che conduce ad un gioiellino della devozione romanica. è iniziata con scarpe scivolose, felpe leggere, crostatine al cioccolato e bastoni artigianali.



ora sento la pioggia fuori dalla finestra. rumore antico, poco frequentato negli ultimi mesi. non è autunno, è solo un'illusione. tra poco il letargo finisce.

mercoledì 14 febbraio 2007

è stato un weekend di frittella coperta di zucchero, in una fiera di paese in riva al lago quando il cielo si fa scuro, gocce imperiali al profumo di anice e miele di sulla per curare la pelle, gesto-colore alla bovisa in uno spazio surreale, tra un film western, alcuni ambienti dimessi dell'Arsenale di Venezia, una fabbrica uscita da chi ha incastrato roger rabbit.

voglio la mia metà.

e voglio l'estate.

qui, adesso.



martedì 16 gennaio 2007

menomale che ci pensano i miei studenti a farmi ridere...

un ragazzo di quarta dopo aver consegnato la verifica mi chiede: prof è un errore grave aver scritto POLIMERO al posto di POLITTICO??

AAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH

ma dico io??? per chi mi hai preso??? per la prof di chimica???????

un'altra mi ha scritto che nella cupola di Santa Maria del Fiore Brunelleschi dispone i mattoni "A SCAGLIE DI PESCE". cioè. può essere che quando eri piccola eri innamorata di Sampei, ma forse pure lui ti avrebbe detto che quella tecnica costruttiva si definisce "A SPINA DI PESCE" e con le scaglie non c'entra un bel niente!!

non parliamo di "HA" con H messe a sproposito, o di una "deposizione dalla CROCIE" di Benedetto Antelami, o ancora della descrizione di una scena di "prothesis" (=adorazione del defunto) su di un'anfora funeraria, dove, a detta di una personale interpretazione, gli omini stilizzati intorno al corpo del defunto sono disegnati con le mani sul capo, "perchè sono IMPAZZITI". disperarsi va bene, ma addirittura una scena di follia generale mi sembra un tantino eccessiva...

mi ributto a capofitto a correggere. spero di trovare altre chicche