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giovedì 9 febbraio 2012

spose di altri secoli

da piccola dicevo che mi sarei sposata in pantaloni, e non ricordo quando ho cambiato idea a tale proposito. devo aver pensato per un po' - ma non per molto - che non mi sarei mai sposata, probabilmente intorno alla crisi adolescenziale in cui ero brutta, grassa e secchia: un trinomio da mandare in crisi anche la più solida ragazza. quando però mi è capitato di innamorarmi, solitamente di persone che non facevano parte della cerchia di amici del mio paesello ma abitavano almeno a più di 100 km di distanza, devo aver ripreso ad immaginare il mio matrimonio, anche se non saprei dire se con gonna o pantaloni. forse non era la cerimonia in sè ad attirarmi, quanto la possibilità di avere qualcuno tutto mio a cui telefonare spendendo paghette settimanali in schede da cinquemila lire oppure mandare lettere cartacee lunghe pagine e pagine di struggimenti.  sta di fatto che, quando mi sono innamorata dell'hippie californiano intorno ai diciannove - venti anni, ero certa che nonostante l'oceano atlantico che ci separava lo avrei sposato. il matrimonio sarebbe stato su una spiaggia con i piedi nudi nella sabbia e un baldacchino intrecciato di fiori, mentre una brezza spirava al tramonto e tutti applaudivano commossi sulle note di una chitarra acustica come nella scena più kitsch di una commedia romantica anni '90. il vestito immaginario ovviamente era provvisto di gonna lunga un po' pizzosa perchè, anche se adoravo i pantaloni a zampa, erano un capo di vestiario ancora piuttosto introvabile a quel tempo, che non possedevo e non sapevo neanche dove andare a comprare (maledetti anni '90!). naturalmente avrei portato fiori nei capelli: del resto, if you go to san francisco, make sure you wear some flowers in your hair (e non importa che, invece di san francisco, il californiano abitasse a laguna beach). lui non ricordo quale mise portasse nel sogno ad occhi aperti, ma non credo di essermela mai immaginata nel dettaglio.
passata la cotta, altre cotte (e storie ben più importanti di una cotta) si sono aggiunte, eppure il vestito immaginato aveva perso una forma definita, forse perchè vedevo il matrimonio come un traguardo lontano e irraggiungibile, comunque successivo ad altri traguardi in cui sfoggiare altri vestiti. ad esempio quello per la laurea: un incubo trovarlo a luglio, a fine saldi, quando tutti i negozi del mondo sembravano sprovvisti di una cosa elegante ma non troppo, che non tradisse il mio spirito e allo stesso tempo facesse intendere che ero proprio io quella che si laureava quel giorno.
finchè un bel giorno è arrivata la certezza di aver trovato proprio un lui con cui passare la vita insieme, con cui arredare una casa e con cui condividere tutto, compreso naturalmente il sogno del vestito che però avrebbe visto solo quel giorno, senza ottenere alcuna anticipazione. è così che ho obbligato la cugina quasi sorella maggiore ad un tour de force alla ricerca del vestito perfetto, talmente perfetto che esisteva solo nella mia mente modellata da anni di storia dell'arte rinascimentale, cecilie gallerani e fanciulle altere con pettinature complicate che sfoggiano tagli antichi di preziosi broccati. avessi potuto fare un salto nella capitale della moda italiana del '400 (che per la cronaca è la stessa di oggi) probabilmente non avrei dovuto trascinarla da una boutique all'altra della brianza, del comasco e del lecchese, ma avrei subito trovato un modello soddisfacente. magari  non sarebbe stato adatto al caldo appiccicoso del sedici luglio, visto il numero di strati di cui sono solitamente composti i vestiti di altri tempi. chiaramente i fiori nei capelli mi erano rimasti come chiodo fisso, e fortuna vuole che mia nonna, intorno al 1930, si sia sposata con una coroncina di fiorellini realizzati in cera e stoffa, preziosamente conservata da mia madre fino a quel momento per una nuova sposa di un nuovo secolo.
e veniamo ai giorni nostri, o meglio all'incirca un anno fa, quando ho commissionato l'abito a un piccolo atelier che li faceva su misura, lasciandomi scegliere taglio, stoffe, dettagli. diciamo che il risultato è stato più che soddisfacente, tenendo presente il mio fisico non proprio da cecilia, l'assenza dell'ermellino e degli stivali da cow boy con cui mi avevano immaginato le mie alunne. ed è un peccato (ma anche una magia) pensare che dopo averlo messo per un giorno soltanto ora riposi in una scatola sotto al letto, in attesa - forse - di un'altra sposa in un altro secolo. 







domenica 5 giugno 2011

rosso corallo

oggi è stata una domenica di contrasto: grigio plumbeo dei nuvoloni all'orizzonte, goccioloni di pioggia intermittenti e un tavolino scalcinato, bianco ingiallito incrostato e crepato, fatto dal nonno decenni orsono con un'altezza fuori misura, trasformato in un non definito ripostiglio da balcone rosso corallo. presto aggiungerò le tendine per nascondere sotto al piano tutte quelle cose che di solito si cacciano nei balconi delle cucine. la casa si sta sempre più facendo "casa". e io non vedo l'ora di andarci ad abitare stabilmente!!

nel frattempo questo weekend è stato un weekend di matrimoni e spose bagnate e fortunate come si dice a quelle poverette per condirle via. sembra che tutti si stiano sposando. fa una certa invidia sapere che qualcuno ha già dato ed è su un aereo per l'altra parte del mondo... anche se in fondo questo periodo di preparativi (che mi sembra iniziato secoli fa) mi mancherà quando tutto sarà stato fatto. e il dopo.. come sarà il dopo??

le mie alunne si sono immaginate un matrimonio hippy, su un prato fiorito, con un vestito al ginocchio tutto pizzoso, stivali da cowboy e margherite nei capelli. un po' come me l'ero immaginato io alla loro età, il mio matrimonio. vuol dire che sono stata coerente in tutti questi anni, perlomeno nei sogni.

venerdì 27 maggio 2011

sconclusionamenti

Ho fatto un po' di fatica a capire quale tasto schiacciare per riprendere la scrittura su questo antico quadernino elettronico. In effetti non so nemmeno cosa scrivere. Ma l'estate è qui, ci sono anche dei tuoni lontani che lo confermano, e il sonno che credevo di avere è sparito cancellato da qualche ricordo e da un po' di zapping per la rete.

Non credo ci sia qualcuno a leggere queste righe, ma bastano per me, perchè lo scrivere è calmante e ispirante, e facebook non ha nè l'una nè l'altra qualità. O forse sì.

Sono a un passo da un passo veramente importante. il 16 luglio sarà una data memorabile, una nascita ad una vita nuova, portatrice di infinite conseguenze: cambio casa, stato civile, regime alimentare, materasso e chi più ne ha più ne metta. Altre cose invece rimarranno come sono da qualche anno. Il mio status di prof, le verifiche da correggere che si impilano e si impolverano sulla scrivania, i capelli ricci e lunghi che incorniciano qualche ruga in più, il sogno di tornare a Venezia nel mese più frizzante di sagre, bagni al lido e nottate infinite a passeggio per le calli, finite a studiare tomi e tomi di storie di artisti. Non a caso mi sono appassionata della storia della Repubblica del Leone di Zorzi. Molto più intrigante di un romanzo, cementifica il mio legame con la laguna e l'odore di umido che sale dai muri.

Ma basta con Venezia, che la mia vita prende una svolta anche qui, semplicemente in Brianza. C'è una casa arredata a cui mancano gli orli delle tende e due persone che la vivano di giorno e di notte. C'è un ragazzo con i capelli lunghi di cui ho scritto anni fa proprio qui, che mi ha fatto innamorare di lui e mi ha scelto come sua compagna per la vita.. magari chissà, di nuovo a Venezia. Per ora sono contenta di stare qui ed essere sconclusionata come solo il filo dei pensieri riesce ad attorcigliarsi con i ricordi e i sogni futuri.

giovedì 23 luglio 2009

l'estate scivola via come io scivolo nell'acqua del lago alla ricerca di un po' di fresco. non che il caldo mi dispiaccia, anzi, gioisco alle uscite serali in canotta e sandali.

sto iniziando a meditare alla valigia, che quest'anno non dovrà superare i quindici miserrimi chili di ryan air, per quattro lunghe settimane di viaggio tra l'assolata barcellona, la piovosa santiago e il ventoso portogallo.

ho voglia di partire, di incontrare, di imparare, vedere, parlare. ma lascio a casa qualcuno che giorno dopo giorno sta diventando sempre più indispensabile. certo, ritroverò jefferson a barcellona, la mari a porto, forse rob il canadese da qualche parte a qualche punto. ma vorrei infilare in valigia una barbetta incolta con capelli lisci lunghi che incorniciano e dividono un viso carino e gentile, un sorriso timido e sincero, mani sempre impegnate a stuzzicare le mie. forse per la prima volta non sono contenta di stare lontano da casa per così tanto tempo. per fortuna che il viaggio fa cambiare la percezione del tempo, e quattro settimane sembreranno una quindicina di giorni. o forse no?

domenica 28 giugno 2009

ci vuole un po' di coraggio a riprendere la scrittura dopo mesi di abbandono, perlomeno in questa sede.

ma la serata fresca con grilli in sottofondo e gatto affacciato alla finestra, musica corale cubana, l'estate che si presenta in tutta le sue opportunità, e un certo prurito nei polpastrelli, mi suggeriscono le parole, le virgole, i punti e le pause.

classico temporale estivo, quello del tardo pomeriggio, ma visto da una barca sul lago di pusiano, uno dei tanti laghi laghetti laghini disseminati tra le colline della brianza. un aperitivo terminato con dolce in riva al dolce lago un po' arrabbiato a dire il vero, nei colori grigio profondo e verde carico. 

la serata prima trascorsa a parlare di insieme N e aberrazioni marginali, prospettiva come forma simbolica, viaggi fatti e progettati, tè verde al gelsomino e tisana di st. john's worth.

il portogallo che si avvicina, il concerto degli u2 a poco più di una settimana, un'altra notte prima degli esami vissuta dall'altra parte con il dispiacere di lasciare una bella classe, forse per la prima volta.

tanti giri in bici, più di 300 chilometri in un paio di mesi, a scoprire, riscoprire, studiare, ripassare gli itinerari nei boschi, lungo i fiumi e i laghi, sentieri di viandanti e strade asfaltate sotto il sole di mezza estate e di mezzogiorno.

e per stasera basta così.

martedì 15 luglio 2008

regolarmente venezia si presenta nei miei sogni e lascia un solco sulle palpebre quando le riapro al mattino.

quella di stanotte era una venezia inizialmente notturna: un ramo buio, in realtà un miscuglio tra una stretta calle realmente esistente vicino al palazzo dei pompieri ed un'altra totalmente inventata situata nei pressi di san zaccaria.

sono fuori da un bacareto con gente in piedi con il bicchiere di spritz o di bianco, uno zaino o una specie di valigia appresso, piuttosto di fretta perchè devo passare da un amico che abita lì nelle vicinanze. all'improvviso mi trovo da sola, in un punto della città per cui non ho alcuna coordinata spaziale. dovrei essere tra san zaccaria e riva degli schiavoni, e invece mi ritrovo a camminare in un campo che somiglia a san tomà ma non mi porta nè ai frari nè al traghetto sul canal grande.

cammino per ore. è buio e a fatica riesco a dirigermi in una zona conosciuta: l'oscurità mi fa procedere quasi alla cieca.

gli edifici si diradano, uno strano ponte senza parapetto e largo poco più di mezzo metro viene utilizzato da motorini e biciclette per attraversare un canale che mi separa da uno slargo su cui si staglia un enorme albergo con una magnifica facciata art nouveau, illuminata da decine di lampade. l'effetto è quello di un fondale felliniano unito al grand hotel di tremezzo. scende una pioggerellina fine che rende lucidi i lastroni in pietra d'istria su cui si riflettono i fanali dei motorini. si sta facendo giorno ma c'è parecchia gente in giro. chiedo a un facchino in divisa in quale punto della città mi trovo. sono sempre a venezia, ma si tratta di un'isola a sud est della laguna, vicina all'aereoporto ormai in disuso, su cui però attraccano centinaia di barche di turisti che si mettono disordinatamente in fila su passerelle in legno simili a intricati fili di una ragnatela. è estate ed a questo punto c'è un sole piuttosto caldo che getta ombre nette sulle assi delle passerelle. mi metto in fila anche io, fino a quando scopro che si tratta di una coda per visitare un'enorme chiesa cinquecentesca dalla facciata altissima e larghissima, al cui interno sono apparentemente custodite meravigliose opere d'arte. almeno questo è quanto affermano numerosi cartelli ad uso turistico disseminati nei dintorni. ma io devo tornare a venezia, che vedo in lontananza come una magnifica cartolina circondata dalle alpi innevate, quasi un anfiteatro naturale. l'aria è  cristallina e mi permette di vedere la città da un punto di vista assolutamente nuovo. non avevo mai notato che le isole della laguna assomigliano a quelle delle cicladi, come degli enormi panettoni brulli che entrano nel mare blu.

scelgo di dirigermi verso il centro: la chiesa e i suoi tesori possono aspettare.

tutta questa scenografia si smaterializza. il sogno mi lascia.

sabato 5 luglio 2008

nel mio paesello c'è un'antica piazza, racchiusa tra due esedre e alcuni edifici che avevano funzione di stalla, dove una volta si svolgeva il mercato dei bachi da seta.

questa piazza è cresciuta attorno ed insieme ad un santuario cinquecentesco costruito in seguito all'apparizione della madonna che si presentò su un albero di noce per indicare la strada a due poveri bambini persi nei boschi, figli dei pochi contadini che popolavano quei territori sotto il dominio dei marchesi crivelli.

sono molte le spose non autoctone che ambiscono la piazza e il bel santuario a pianta centrale (progettato da pellegrino tibaldi) come scenario per il loro matrimonio, e fanno sì che vengano costantemente riempiti gli interstizi tra i pietroni squadrati e i ciottoli di fiume con chicchi di riso, oltre che la chiesa con bellissimi fiori.

davanti al santuario ci sono due grandi portici aperti su tutti i lati, coperti da tegole sostenute da enormi travi di legno tra le quali i piccioni fanno il nido, e proprio sotto a uno dei due portici ho assistito stasera all'estate, quella vera, che mi toglie il fiato e mi rapisce nel bello che si ammucchia e fa gara a mostrarsi.

stavo camminando con giotto poco lontano e mi ha incuriosito un rumore, come di una tv a volume altissimo, che proveniva dall'interno della piazza. sentivo musica, e poi vociare di persone. mi sono avvicinata ad un sottoportico che fa da ingresso alla piazza, e ho riconosciuto un ronzio inconfondibile che mi ha portata indietro di parecchi anni, inizialmente, e mi ha trasportato direttamente in una scena di nuovo cinema paradiso. il ronzio era quello dato dalla bobina che scorreva veloce tra una pizza e l'altra di un proiettore, quasi come un rullare dolce di tamburi, che si amalgamava al sonoro del film sparato da un paio di casse ai lati del portico, e che dava magicamente vita alle scene proiettate su un enorme telo bianco. davanti al telo diverse file di sedie di plastica bianca, e sopra alle sedie, le silhouette di una cinquantina di spettatori, incantati nella magia  del film e della notte d'estate.

francis il mulo parlante. questo è il primo film che mi è capitato di vedere in un cinema all'aperto, precisamente all'oratorio, proprio di fianco al santuario. ricordo che era in bianco e nero. ricordo che c'era un mulo che parlava. non so esattamente quanti anni avevo, probabilmente sei o sette, ma sono cose che è difficile scordare. il rumore della bobina e i rumori del mondo che interferiscono liberamente con quelli dei dialoghi e delle musiche.

dolby surround, comode poltrone imbottite, effetti speciali, mega schermi, multisala con popcorn. in realtà la magia di un film viene amplificata dalle zanzare, le stelle in cielo, il caldo appiccicoso e le risate di qualche bimbo unite ai commenti di qualche adulto.

mi sono diretta verso il lungo viale dei cipressi che scavalca un paio di colline con una linea retta. giotto giocava con il suo guinzaglio, uno spicchio di luna sottile appena sopra l'orizzonte aveva proporzioni spropositate, dalla terra già avvolta dall'oscurità spiccavano i moncherini ultracentenari delle statue che si stagliavano sul il cielo più fosforescente di una lampada ultravioletta.

considerando che oggi pomeriggio l'ho trascorso al lago, direi che è stata proprio una bella giornata.

e domani inizio gli orali della maturità.





lunedì 9 giugno 2008

il prossimo viaggio sarà un viaggio coi fiocchi: attraverserò di nuovo l'oceano, ma non mi spingerò così a sud. mi manterrò a latitudini più consuete, solo un po' più ad ovest.

come al solito le mie vacanze vengono decise e prenotate in due o tre giorni, e così è stato anche per le prossime.

un'amica ti butta lì di andare a trovarla a New York? perchè no. e quanto distano boston e toronto? che poi il giro potrebbe anche allungarsi, ma qui subentra il problema delle settimane. non oltre tre, per non spendere cifre enormi dell'aereo. e tutto il resto - o quasi - è a scrocco: avere più amici lontani che vicini dopotutto torna comodo in queste occasioni.

rivedrò jefferson, architetto bostoniano importato in italia e ri-esportato nel massachussetts. l'ultima volta che l'ho visto è stato almeno 4 anni fa in quel di venezia.

rivedrò roberto, canadese di strani incroci che a verona mi stregò il cuore ed ora è un artista e musicista. non lo vedo da sette estati.

rivedrò la bea che da venezia è finita nell'afa della grande mela. ci siamo salutate alla mia laurea.

rivedrò jason che dal texas è andato a vivere a new york con la moglie. allora non era ancora sposato e neppure laureato.

non vedo l'ora di ritrovare l'america..

giovedì 15 novembre 2007

non so da dove sia uscito il sogno di stanotte.

il fatto è che c'è stato, ed è stato molto bello.

ho sognato di fare un bambino.

ho sognato che un piccolo bambino improvvisamente si formava nella mia pancia, che diventava grande, e tonda, e soda, come una pancia che ha davvero dentro di sè un bambino. era ingombrante, la mia pancia, e la accarezzavo come una mamma che accarezza la pancia dove cresce il suo bambino.

il bambino nasceva esattamente oggi, era la metà di novembre. mi stupivo, pensavo a quando potevo averlo concepito, e con chi. ma certo, con chi lo sapevo. però l'avevo dimenticato, e non avevo intenzione di avvisarlo. e per scoprire quando, bastava tornare indietro di nove mesi, alla metà di gennaio. mi chiedevo come fosse stato possibile. per nove mesi me n'ero dimenticata, avevo portato questo bambino nella pancia, e me ne accorgevo solo oggi, quando il bambino usciva dalla mia pancia, senza fatica, senza dolore, ed era biondo, ricciolo, bello, come un gesù bambino dipinto da bellini in una madonna, con dietro il prato, e le colline, e i pastori.

non aveva un nome. non trovavo un nome. lo lasciavo lì, su un letto, in attesa di un nome che non arrivava. ero felice. nessuna paranoia, nessuna preoccupazione. avevo un bambino, uscito proprio dalla mia pancia.

martedì 14 agosto 2007

epilogo



















































questo più o meno l'epilogo. difficile tentare un riassunto al momento, veramente troppo da raccontare.. per il resto andate a sbirciare le foto e se qualcuno è indeciso sulla futura meta si lasci influenzare da quello che vede, con la certezza che dal vero è ancora meglio (epilogo a parte). tornerei domani se potessi ma visti gli episodi degli ultimi 10 giorni per me sarà il caso di prendermi una vacanza dalla vacanza.

non ho nemmeno fatto in tempo a dispiacermi della fine di questa magia, forse perchè qualcun altro ha trasformato un incubo in una magia ancora più grande.

lo sai già tesoro mio, ma voglio dirtelo ancora.

giovedì 14 giugno 2007

ho sognato che smontavo un vecchio caleidoscopio che mi hanno regalato quando ero una bambina per pulire i pezzettini di vetro colorato che sono al suo interno. i disegni che si creavano al suo interno dopo la pulizia erano assolutamente meravigliosi.



fino ad oggi ne ho bocciati 5 su un totale di sette classi. strana sensazione il decidere di un anno di vita di qualcunaltro. non esattamente piacevole.

sarà per questo che patisco le pene dell'inferno con la mia schiena?



aspetto il messico e mi godo i temporali pomeridiani. vorrei andare al lago, ma non per lavoro.

fiamma dorme con me stanotte.



sogni d'oro

martedì 30 gennaio 2007

è il suono del treno che viaggia nel buio



la complicità di qualche canzone pescata a caso dall'ipod



strane coincidenze che hanno portato la mia vita a ributtarmi sullo studio e nel nord est



l'altra sera ho avuto la sensazione chiara di sentire le onde della mia esistenza muoversi calme e piene nella percezione limpida che ho della mia situazione.



limpida la percezione, confuso il tentativo di metterla in parole.



questa felicità legata ad una malinconia dolce, a sentimenti nuovi e antichi, a desideri sempre uguali a se stessi, mai realizzati ma proprio per questo magnetici.



sono nell'anno dei ventisette, ho persino un lavoro e sottili rughe intorno agli occhi, che cerco di cancellare con cremine dai nomi fantascientifici, chissà poi perchè. mi sembra di riuscire appena a ricomporre i pezzi di un'epoca, con i suoi pittori, letterati, pensatori, e poi mi accorgo che è solo un'illusione, che la realtà è molto più complicata e inafferrabile.



ho bisogno di venezia. camminare frettolosamente nelle calli in cui si riversano gli odori, i rumori, i colori persone edifici acqua. andare a fare la spesa con il carellino, passando sotto panni stesi, vasi di gerani, girandole colorate, piccioni insopportabili.



fatico ad incastrare venezia in questa vita di oggi. vorrei incastrare troppe cose. non mi accontento. ma sono contenta.

martedì 12 dicembre 2006

stanotte ho sognato un concerto di natale fatto in una chiesa veneziana che si trasformava in aereo.

era il coro dell'università, facce più o meno note, mi affidavano spartiti da leggere a prima vista, ma alla fine decidevo di mettermi sulle panche, tra il pubblico, ad ascoltare.

l'aereo decollava e tutti si prendevano un grande spavento perchè non riusciva ad andare in salita, mentre il coro cantava melodie strane e improbabili.

l'altra notte invece ho sognato che andavo a chiedere informazioni per incominciare un corso di parapendio, e osservavo un amico - che ha preso il brevetto di recente - mentre volteggiava libero nell'aria, aggrappato a quella vela curva che sembra un po' il manto di qualche personificazione di brezza di terra, o di mare, scolpita su di un bassorilievo romano.

domenica 8 ottobre 2006

incroci

c'è un po' di traffico sulla strada dei sogni. stamattina un sms che mi dice: ti ho sognato stanotte. nel pomeriggio un altro sms, da un'altra persona dall'altra parte del globo, che mi dice la stessa identica cosa.

io stessa riempio le notti di sogni che mi fanno svegliare presto nonostante possa dormire fino a tardi e ne abbia assolutamente bisogno. sogno graduatorie, punti, ammissioni, ma anche persone reali.

vado a sognare ancora un po' adesso. chissà mai che venga a trovarmi il mio principe azzurro stanotte.



domani mi toccherà intrattenere la gente con tante storielle e aneddoti su una chiesetta di campagna con le volte affrescate e i racconti delle visite pastorali del '500. magari mi sogno com'era l'abside prima che lo distruggessero, insieme a tutti i suoi bellissimi affreschi, verso la fine dell'Ottocento, per ampliare la chiesa.



vi dovrò raccontare della canonica del parroco a cui sono andata a chiedere del materiale per preparare la visita guidata. entrare da quella porticina è stato come fare un balzo a inizio XX secolo.



sogni d'oro queridos

mercoledì 6 settembre 2006

zenzero e cannella

domani sveglia presto, che è ora di darsi da fare, prendere un po' di decisioni, sperare in qualche buona coincidenza e colpo di fortuna.


la lingua pizzica ancora per lo zenzero e la cannella dell'altra sera, e il rumore di una notte di fine estate non basta a lenire la nostalgia per magie in serie che hanno colonizzato la mia vita negli ultimi tempi. sarà anche questo che mi rende così taciturna. che poi una quando digita non parla, ma non importa.


domani mangio indiano con eli e marghe. non è la stessa cosa del pescado frito di javi all'una di notte, ma ci accontentiamo.


ho da struccare gli occhi e da mobilitare i sogni.


'notte


 


 

venerdì 25 agosto 2006

il sole, il sonno e la grandine

la casa sembra sempre più grande, o più piccola, al ritorno da un lungo viaggio.


l'estate pare scomparsa all'improvviso. ad accogliermi una sonora grandinata a bordo dell'aereo appena fermato in pista, con i sandali (quasi) nuovi che assaggiano l'acqua. il cielo da sopra e poi da sotto è così diverso.


piccoli grandi cambiamenti di rotta negli ultimi giorni. vi avevo lasciato a baeza, e a baeza ho lasciato buona parte delle foto. puff. scomparse. è stata una botta, spero di recuperarne il più possibile dai compagni di viaggio, maledette camere digitali.


dopo baeza, dove mi ha rimorchiato emilia, la fanciulla spagnola dell'internet cafè, sono partita per cordoba, ultima tappa prima dell'aereo a madrid. lì ho incontrato 5 pazzi in pulmino da rimini, mentre ero alle prese con una bottiglia congelata di "nestì" che cercavo di versare in un bicchiere, seduta ad un tavolino di un lunedì pomeriggio andaluso.


nel loro appartamento ho cucinato e mangiato pasta, ho riso, cantato, suonato, ricevuto proposte indecenti, come quella di fare una piccola deviazione a valencia. e così il giorno dopo abbiamo macinato centinaia di chilometri insieme, diretti alla playa, sul loro pulmino spazioso. quando si dice  lasciarsi trasportare dagli eventi.. è quello che ho saputo fare meglio. l'ho imparato giorno dopo giorno. e sapete una cosa, è una sensazione meravigliosa.


cavalieri divertenti, mi hanno accompagnato nell'ultimo giorno del viaggio, cercando di scacciare la tristezza per il ritorno imminente, coccolandomi come solo 5 ragazzuoli possono coccolare una chica che viaja sola.


ora sono qui con la pelle scura, uno zaino quasi vuoto, cartoline da imbucare, poche foto da riguardare. gli occhi stanchi, il fuso orario della spagna, la guida pastrugnata con sottolineature, asterischi, punti esclamativi, nuovi nomi e indirizzi. e molto molto altro. ma lo racconterò un po' per volta, che è ora di fare lindos suenos.

domenica 23 luglio 2006

un paio di cosucce, mentre ho la pancia gonfia di anguria e aspetto che si liberi un po' di posto per un sano gelato alla frutta, la temperatura dell'aria è di boh saranno un sacco di gradi celsius e tutto è silenzio.


da due o tre giorni vedo il mondo esterno a pixel, merito di simpatiche zanzariere aggrappate alle finestre che forse non sono così romantiche come quella dell'ikea a baldacchino sopra al letto ma mi permettono di stare al pc la sera con la finestra spalancata e, volendo, anche la lampadina accesa. non che adesso sia sera o abbia lampadine accese, ma i pixel si notano meglio di giorno.


groupie. in questi giorni mi sono chiesta se tale definizione possa essere appropriata all'attività che ho svolto da domenica a giovedì, intenta a inseguire per la penisola un certo signor bob e il carrozzone che si porta dietro da innumerevoli anni. dopo lunghe riflessioni, sono arrivata alla conclusione che no, non sono esattamente una groupie, perchè ciò comporterebbe l'aver ricambiato "in natura" certi favori e privilegi che invece non ho ancora capito perchè mi vengano accordati. fatto sta che il signor bob non me l'ha mica cantata blind willie mctell, almeno non nelle due date che ho seguito.


concerti a parte (che tanto tutti mi dicono che sono una fanatica e basta con questo booob), il peregrinare per lo stivale si è rivelato particolarmente divertente grazie alle diverse personalità di spicco che ho incontrato. non parlo di francesco rutelli e nicky vendola, rispettivamente presenti a roma e a foggia un paio di file avanti alla mia, ma di personaggi di spessore ben più elevato, che mi hanno fatto sentire a casa mia in una città dove peraltro mi sento già a casa (dovrei seriamente pensare ad un eventuale trasferimento??). lo sapete di chi sto parlando.


nonostante non mi sovvenisse all'istante il significato della misteriosa espressione "pachino", non conoscessi il prelibato estivo gusto di un sano "tropical", non riuscissi a immaginare come fosse un "caffè al ghiaccio", mi avete cullato, accompagnato, ospitato, pranzato, dormito, spetasciato, regalato, sorriso, abbracciato, gelato (con la panna gratis). 


grazie

venerdì 16 giugno 2006

ma quanto è buono il liuk

serata un po' così. sono finita tra i grilli con la bici. ho anche rimesso il grassino alla catena, cavoli com'è silenziosa ora! non pensavo che servisse a quello. evidentemente ne aveva bisogno, dopo una decina d'anni di utilizzo senza nessun tipo di manutenzione se non un paio di gonfiate alle ruote.


stanotte ho sognato che salivo su un aereo per l'america. la destinazione precisa non la conoscevo anche se pensavo di averne preso uno per san diego. a bordo delle hostess sui 15 anni si avvicinavano e mi appiccicavano strisce di nastro adesivo sulle braccia come per farmi la ceretta. alla fine scoprivo che l'aereo se ne andava ad atlanta in georgia. e io come facevo ad arrivare dove dovevo arrivare da lì? non penso che lo saprò mai.


ad ogni modo, si sappia che quando avrò una casa mia tutta per me comprerò lo stretto necessario. perchè avere tre o quattro servizi da caffè? giusto per il gusto di riempire una o due vetrinette che poi eh no bisogna svuotarle e pulirle perchè sai quanta polvere ci si ferma dentro durante l'anno? che tanto si risporcano di nuovo anche senza usarle. 


quanto odio le Grandi Pulizie.

domenica 14 maggio 2006

stanotte ho fatto un altro dei miei sogni incredibili... ho sognato che mio papà mi distruggeva il mio adorato giardino grasso (a proposito: dovrò scattare una bella foto del mio rigoglioso giardino, e delle nuove palettine che stanno crescendo su mr. paletta!!). con la scusa di sistemarlo un pochino estirpava il 50% delle piantine tra cui anche il prestigioso mr. paletta. che tristezza :(


ad ogni modo ciò che più mi preme è mostrarvi questo video. ho capito da chi trarrò la mia vera ispirazione per diventare velina. (devo ringraziare outi, la mia ex adorata coinquilina finlandese, che ogni tanto mi manda certe chicche... lei sì che ha a cuore il mio futuro)

mercoledì 10 maggio 2006

sgrunt

sono all'ultimo ovetto lindor della scorta di cui mi ha gentilmente rifornito il mio amicone paolo ieri sera ma non vedo alcun miglioramento del mio umore. forse dovrei iniziare a preoccuparmi. è una crisi seria a quanto pare, e non posso prendere la scusa che è il periodo prima delle mie cose, perchè le mie cose sono appena terminate. e allora c'è qualcosa che non va ma che non so come far andare. a pensarci bene una soluzione ci sarebbe: cambiare aria. andarmene da questo postaccio. tornare ad est. sulla laguna. va bene che ho il pianto facile ma non posso mettermi a singhiozzare ogni volta che sento una canzoncina che ho ascoltato troppo durante la trasferta veneziana. e non posso invidiare chi è lì per la gita di un giorno o perchè lì ci è nato.