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domenica 15 settembre 2013

cara valentina...

...il tempo non fa il suo dovere, e a volte peggiora le cose.

così diceva max gazzè in una bella canzone.

e così inizio io, cara valentina, alunna maturata a luglio e appena rivista nella tua "vecchia" scuola prima della tua partenza per venezia, per la tua nuova vita universitaria. non sapevo che alla fine avessi scelto lingue orientali proprio lì, a venezia: me l'hai detto così, ieri, durante una lezione che hai interrotto, scoprendo che anche io avevo studiato lì.
non sei la mia prima alunna che va a studiare a venezia da como, e non sarai neanche l'ultima, ma stasera ti sento molto vicina, immaginando la tua prima notte nella tua nuova casa veneziana. mi hai detto che l'hai trovata a piazzale roma, suppongo non affacciata esattamente sul piazzale, ma nel lato che dà verso santa marta. hai anche messo una foto su facebook, oggi, mia nuova amica di facebook e mia vecchia alunna dalle ciglia lunghe e dagli occhi verdi come il mare, con il canal grande visto da piazzale roma. forse non una delle vedute migliori ma sicuramente tra le prime che abbagliano i visitatori con lo splendore dell'acqua e dei palazzi.
ti immagino nella tua stanza da universitaria con la scrivania ancora libera dai libri che si accumuleranno esame dopo esame: una stanza impersonale che cercherai di fare tua, valigia dopo valigia, ritorno dopo ritorno, magari insieme ad una compagna di stanza con cui chiacchiererai all'infinito prima di addormentarti, raccontandovi a vicenda della vostra vita passata e di quella presente, pensando poco a quella futura, ché i vent'anni non sono il momento di riflettere sul poi, ma sull'ora.
ti immagino alle prese con i sughi pronti e le spese da billa, ancora poco allenata a cucinare, lavare i panni e fare tutte quelle cose superflue che fanno le casalinghe. del resto quella degli studenti è una vita al risparmio, non solo del riscaldamento in inverno, ma anche delle fatiche legate alle incombenze di tutti i giorni. del resto sono altre le cose importanti: gli appunti delle lezioni, gli spritz in campo santa margherita, le feste degli studenti erasmus, le passeggiate notturne in mezzo alla nebbia, le trasferte in treno con la musica nelle orecchie e un libro da sottolineare per tornare a casa, quella "vera" che ti sembrerà sempre meno casa. sono cose che ora non conosci nemmeno, ma imparerai ad amare, a ricercare, a riconoscere come routine quotidiana. imparerai a non poterne fare a meno. ti inserirai in quella catena infinita che è l'esperienza di tanti, che non avresti mai potuto immaginare ma è molto più comune di quanto tu possa renderti conto ora e nei prossimi anni. la rimpiangerai quando dovrai uscire dal mondo fatato degli universitari, dell'andare avanti esame dopo esame, semestre dopo semestre, con nuovi amici, nuovi coinquilini, nuovi amori e tante pazzie piccole o grandi, che segneranno per sempre la tua essenza. il liceo ti sembrerà roba da poco, anche se ti accorgerai quanto ti ha strutturato nel futuro.
mi raccomando, cara valentina, perditi nelle calli e nei campi, sbircia nei sottoporteghi ed entra nelle chiese e negli androni dei palazzi. salutami bellini e tiziano ai frari. cammina sempre con la testa all'insù e un occhio alla strada, fino a quando venezia sarà anche un po' tua, fino a quando non riuscirai più a perderti neanche volontariamente perchè ti sarà talmente entrata dentro che i sestieri non apparranno più come dei labirinti magici ma tutto si sbroglierà, i nomi torneranno, le curve e le svolte saranno impresse nei tuoi piedi e saprai raccontare a memoria il percorso per san marco o per rialto ad un qualsiasi turista che al secondo ponte si sarà già dimenticato tutto.

giovedì 9 febbraio 2012

spose di altri secoli

da piccola dicevo che mi sarei sposata in pantaloni, e non ricordo quando ho cambiato idea a tale proposito. devo aver pensato per un po' - ma non per molto - che non mi sarei mai sposata, probabilmente intorno alla crisi adolescenziale in cui ero brutta, grassa e secchia: un trinomio da mandare in crisi anche la più solida ragazza. quando però mi è capitato di innamorarmi, solitamente di persone che non facevano parte della cerchia di amici del mio paesello ma abitavano almeno a più di 100 km di distanza, devo aver ripreso ad immaginare il mio matrimonio, anche se non saprei dire se con gonna o pantaloni. forse non era la cerimonia in sè ad attirarmi, quanto la possibilità di avere qualcuno tutto mio a cui telefonare spendendo paghette settimanali in schede da cinquemila lire oppure mandare lettere cartacee lunghe pagine e pagine di struggimenti.  sta di fatto che, quando mi sono innamorata dell'hippie californiano intorno ai diciannove - venti anni, ero certa che nonostante l'oceano atlantico che ci separava lo avrei sposato. il matrimonio sarebbe stato su una spiaggia con i piedi nudi nella sabbia e un baldacchino intrecciato di fiori, mentre una brezza spirava al tramonto e tutti applaudivano commossi sulle note di una chitarra acustica come nella scena più kitsch di una commedia romantica anni '90. il vestito immaginario ovviamente era provvisto di gonna lunga un po' pizzosa perchè, anche se adoravo i pantaloni a zampa, erano un capo di vestiario ancora piuttosto introvabile a quel tempo, che non possedevo e non sapevo neanche dove andare a comprare (maledetti anni '90!). naturalmente avrei portato fiori nei capelli: del resto, if you go to san francisco, make sure you wear some flowers in your hair (e non importa che, invece di san francisco, il californiano abitasse a laguna beach). lui non ricordo quale mise portasse nel sogno ad occhi aperti, ma non credo di essermela mai immaginata nel dettaglio.
passata la cotta, altre cotte (e storie ben più importanti di una cotta) si sono aggiunte, eppure il vestito immaginato aveva perso una forma definita, forse perchè vedevo il matrimonio come un traguardo lontano e irraggiungibile, comunque successivo ad altri traguardi in cui sfoggiare altri vestiti. ad esempio quello per la laurea: un incubo trovarlo a luglio, a fine saldi, quando tutti i negozi del mondo sembravano sprovvisti di una cosa elegante ma non troppo, che non tradisse il mio spirito e allo stesso tempo facesse intendere che ero proprio io quella che si laureava quel giorno.
finchè un bel giorno è arrivata la certezza di aver trovato proprio un lui con cui passare la vita insieme, con cui arredare una casa e con cui condividere tutto, compreso naturalmente il sogno del vestito che però avrebbe visto solo quel giorno, senza ottenere alcuna anticipazione. è così che ho obbligato la cugina quasi sorella maggiore ad un tour de force alla ricerca del vestito perfetto, talmente perfetto che esisteva solo nella mia mente modellata da anni di storia dell'arte rinascimentale, cecilie gallerani e fanciulle altere con pettinature complicate che sfoggiano tagli antichi di preziosi broccati. avessi potuto fare un salto nella capitale della moda italiana del '400 (che per la cronaca è la stessa di oggi) probabilmente non avrei dovuto trascinarla da una boutique all'altra della brianza, del comasco e del lecchese, ma avrei subito trovato un modello soddisfacente. magari  non sarebbe stato adatto al caldo appiccicoso del sedici luglio, visto il numero di strati di cui sono solitamente composti i vestiti di altri tempi. chiaramente i fiori nei capelli mi erano rimasti come chiodo fisso, e fortuna vuole che mia nonna, intorno al 1930, si sia sposata con una coroncina di fiorellini realizzati in cera e stoffa, preziosamente conservata da mia madre fino a quel momento per una nuova sposa di un nuovo secolo.
e veniamo ai giorni nostri, o meglio all'incirca un anno fa, quando ho commissionato l'abito a un piccolo atelier che li faceva su misura, lasciandomi scegliere taglio, stoffe, dettagli. diciamo che il risultato è stato più che soddisfacente, tenendo presente il mio fisico non proprio da cecilia, l'assenza dell'ermellino e degli stivali da cow boy con cui mi avevano immaginato le mie alunne. ed è un peccato (ma anche una magia) pensare che dopo averlo messo per un giorno soltanto ora riposi in una scatola sotto al letto, in attesa - forse - di un'altra sposa in un altro secolo. 







domenica 5 giugno 2011

rosso corallo

oggi è stata una domenica di contrasto: grigio plumbeo dei nuvoloni all'orizzonte, goccioloni di pioggia intermittenti e un tavolino scalcinato, bianco ingiallito incrostato e crepato, fatto dal nonno decenni orsono con un'altezza fuori misura, trasformato in un non definito ripostiglio da balcone rosso corallo. presto aggiungerò le tendine per nascondere sotto al piano tutte quelle cose che di solito si cacciano nei balconi delle cucine. la casa si sta sempre più facendo "casa". e io non vedo l'ora di andarci ad abitare stabilmente!!

nel frattempo questo weekend è stato un weekend di matrimoni e spose bagnate e fortunate come si dice a quelle poverette per condirle via. sembra che tutti si stiano sposando. fa una certa invidia sapere che qualcuno ha già dato ed è su un aereo per l'altra parte del mondo... anche se in fondo questo periodo di preparativi (che mi sembra iniziato secoli fa) mi mancherà quando tutto sarà stato fatto. e il dopo.. come sarà il dopo??

le mie alunne si sono immaginate un matrimonio hippy, su un prato fiorito, con un vestito al ginocchio tutto pizzoso, stivali da cowboy e margherite nei capelli. un po' come me l'ero immaginato io alla loro età, il mio matrimonio. vuol dire che sono stata coerente in tutti questi anni, perlomeno nei sogni.

venerdì 27 maggio 2011

sconclusionamenti

Ho fatto un po' di fatica a capire quale tasto schiacciare per riprendere la scrittura su questo antico quadernino elettronico. In effetti non so nemmeno cosa scrivere. Ma l'estate è qui, ci sono anche dei tuoni lontani che lo confermano, e il sonno che credevo di avere è sparito cancellato da qualche ricordo e da un po' di zapping per la rete.

Non credo ci sia qualcuno a leggere queste righe, ma bastano per me, perchè lo scrivere è calmante e ispirante, e facebook non ha nè l'una nè l'altra qualità. O forse sì.

Sono a un passo da un passo veramente importante. il 16 luglio sarà una data memorabile, una nascita ad una vita nuova, portatrice di infinite conseguenze: cambio casa, stato civile, regime alimentare, materasso e chi più ne ha più ne metta. Altre cose invece rimarranno come sono da qualche anno. Il mio status di prof, le verifiche da correggere che si impilano e si impolverano sulla scrivania, i capelli ricci e lunghi che incorniciano qualche ruga in più, il sogno di tornare a Venezia nel mese più frizzante di sagre, bagni al lido e nottate infinite a passeggio per le calli, finite a studiare tomi e tomi di storie di artisti. Non a caso mi sono appassionata della storia della Repubblica del Leone di Zorzi. Molto più intrigante di un romanzo, cementifica il mio legame con la laguna e l'odore di umido che sale dai muri.

Ma basta con Venezia, che la mia vita prende una svolta anche qui, semplicemente in Brianza. C'è una casa arredata a cui mancano gli orli delle tende e due persone che la vivano di giorno e di notte. C'è un ragazzo con i capelli lunghi di cui ho scritto anni fa proprio qui, che mi ha fatto innamorare di lui e mi ha scelto come sua compagna per la vita.. magari chissà, di nuovo a Venezia. Per ora sono contenta di stare qui ed essere sconclusionata come solo il filo dei pensieri riesce ad attorcigliarsi con i ricordi e i sogni futuri.

domenica 28 giugno 2009

ci vuole un po' di coraggio a riprendere la scrittura dopo mesi di abbandono, perlomeno in questa sede.

ma la serata fresca con grilli in sottofondo e gatto affacciato alla finestra, musica corale cubana, l'estate che si presenta in tutta le sue opportunità, e un certo prurito nei polpastrelli, mi suggeriscono le parole, le virgole, i punti e le pause.

classico temporale estivo, quello del tardo pomeriggio, ma visto da una barca sul lago di pusiano, uno dei tanti laghi laghetti laghini disseminati tra le colline della brianza. un aperitivo terminato con dolce in riva al dolce lago un po' arrabbiato a dire il vero, nei colori grigio profondo e verde carico. 

la serata prima trascorsa a parlare di insieme N e aberrazioni marginali, prospettiva come forma simbolica, viaggi fatti e progettati, tè verde al gelsomino e tisana di st. john's worth.

il portogallo che si avvicina, il concerto degli u2 a poco più di una settimana, un'altra notte prima degli esami vissuta dall'altra parte con il dispiacere di lasciare una bella classe, forse per la prima volta.

tanti giri in bici, più di 300 chilometri in un paio di mesi, a scoprire, riscoprire, studiare, ripassare gli itinerari nei boschi, lungo i fiumi e i laghi, sentieri di viandanti e strade asfaltate sotto il sole di mezza estate e di mezzogiorno.

e per stasera basta così.

venerdì 29 agosto 2008

Domani finisce la mia estate.

Per quanto non riprenda a lavorare a tempo pieno e con i consueti ritmi scolastici, da domani tornerò a scuola per gli scrutini degli esami di riparazione.

Non ho ancora messo la testa a posto, ma questa meraviglia di agosto caldo e assolato aiuta parecchio nel desiderio puntuale che l'estate non si fermi qui ma prosegua per un altro paio di mesi. Lo scorrere delle stagioni è piuttosto inesorabile, per quanto siamo sempre più abituati alle bizzarrie del clima. Ma le giornate si accorciano i raggi si inclinano e le temperature si abbassano, e d'improvviso ci si trova catapultati nell'autunno noioso dei banchi di scuola che puntuale arriva con le piogge e i primi maglioni. Eppure ogni anno io spero sempre che la terra inverta la sua rotazione e l'estate si blocchi sull'emisfero boreale. Sarebbe un bello scherzo poter saltare un inverno a piedi pari. Lo spero al punto che l'acqua del lago, che è più calda in questi ultimi giorni di bagni e di sole, mi sembra il preludio ad un'estate che sta arrivando, invece che andando. Ma sono gli scherzi di un lago che quest'anno è traboccato più volte con un nostalgico effetto acqua alta nella piazza di Como.

Oggi sono andata a visitare la Reggia di Venaria Reale, una magnifica accozzaglia di edifici realizzati tra Sei e Settecento poco fuori Torino, che una volta faceva parte della cosiddetta "corona di delizie" intorno alla città, da poco riaperta alla visita in tutto il suo splendore. Confesso che dopo tre settimane di Nuovo Mondo è stato piacevole posare gli occhi su rocailles, esedre piene di stucchi, intonaco dal bagliore accecante e profumati giardini all'italiana.

Stasera invece ho rivisto Peppo, l'esile e allo stesso tempo grande prof di disegno che ho avuto l'onore di incrociare nel mio percorso da studente. E' sempre così bello rivederlo. Un buon modo davvero, per trascorrere l'ultima sera di vacanza prima di tornare a "scuola".

sabato 5 luglio 2008

nel mio paesello c'è un'antica piazza, racchiusa tra due esedre e alcuni edifici che avevano funzione di stalla, dove una volta si svolgeva il mercato dei bachi da seta.

questa piazza è cresciuta attorno ed insieme ad un santuario cinquecentesco costruito in seguito all'apparizione della madonna che si presentò su un albero di noce per indicare la strada a due poveri bambini persi nei boschi, figli dei pochi contadini che popolavano quei territori sotto il dominio dei marchesi crivelli.

sono molte le spose non autoctone che ambiscono la piazza e il bel santuario a pianta centrale (progettato da pellegrino tibaldi) come scenario per il loro matrimonio, e fanno sì che vengano costantemente riempiti gli interstizi tra i pietroni squadrati e i ciottoli di fiume con chicchi di riso, oltre che la chiesa con bellissimi fiori.

davanti al santuario ci sono due grandi portici aperti su tutti i lati, coperti da tegole sostenute da enormi travi di legno tra le quali i piccioni fanno il nido, e proprio sotto a uno dei due portici ho assistito stasera all'estate, quella vera, che mi toglie il fiato e mi rapisce nel bello che si ammucchia e fa gara a mostrarsi.

stavo camminando con giotto poco lontano e mi ha incuriosito un rumore, come di una tv a volume altissimo, che proveniva dall'interno della piazza. sentivo musica, e poi vociare di persone. mi sono avvicinata ad un sottoportico che fa da ingresso alla piazza, e ho riconosciuto un ronzio inconfondibile che mi ha portata indietro di parecchi anni, inizialmente, e mi ha trasportato direttamente in una scena di nuovo cinema paradiso. il ronzio era quello dato dalla bobina che scorreva veloce tra una pizza e l'altra di un proiettore, quasi come un rullare dolce di tamburi, che si amalgamava al sonoro del film sparato da un paio di casse ai lati del portico, e che dava magicamente vita alle scene proiettate su un enorme telo bianco. davanti al telo diverse file di sedie di plastica bianca, e sopra alle sedie, le silhouette di una cinquantina di spettatori, incantati nella magia  del film e della notte d'estate.

francis il mulo parlante. questo è il primo film che mi è capitato di vedere in un cinema all'aperto, precisamente all'oratorio, proprio di fianco al santuario. ricordo che era in bianco e nero. ricordo che c'era un mulo che parlava. non so esattamente quanti anni avevo, probabilmente sei o sette, ma sono cose che è difficile scordare. il rumore della bobina e i rumori del mondo che interferiscono liberamente con quelli dei dialoghi e delle musiche.

dolby surround, comode poltrone imbottite, effetti speciali, mega schermi, multisala con popcorn. in realtà la magia di un film viene amplificata dalle zanzare, le stelle in cielo, il caldo appiccicoso e le risate di qualche bimbo unite ai commenti di qualche adulto.

mi sono diretta verso il lungo viale dei cipressi che scavalca un paio di colline con una linea retta. giotto giocava con il suo guinzaglio, uno spicchio di luna sottile appena sopra l'orizzonte aveva proporzioni spropositate, dalla terra già avvolta dall'oscurità spiccavano i moncherini ultracentenari delle statue che si stagliavano sul il cielo più fosforescente di una lampada ultravioletta.

considerando che oggi pomeriggio l'ho trascorso al lago, direi che è stata proprio una bella giornata.

e domani inizio gli orali della maturità.





giovedì 19 giugno 2008

ho pochi ricordi, ma netti, del mio esame di maturità.

il tema su "i fiumi" di ungaretti, che erano quattro.

la seconda prova, che consisteva nel disegnare per tre giorni di fila una composizione al centro dell'aula a base di pianta, bottiglia di plastica e bottiglia di vetro, panneggio e gesso di un volto scorticato e cavarne una sorta di opera d'arte a proprio piacimento.

la terza prova, con domande di filosofia, storia dell'arte, letteratura inglese e matematica.

infine l'orale, l'8 luglio 1999, durante il quale il baratro in cui ero piombata in matematica negli ultimi due anni di scuola non ha comunque compromesso il 100/100 finale, conquistato con una tesina sulla fotografia stampata su cartoncino rosa salmone. una tesina sudata, quanto si può sudare a 19 anni un saggio di rosalind krauss infarcito di auree e benjaminiane riproducibilità più o meno tecniche di opere più o meno d'arte.

tra gli scritti e gli orali un intermezzo in cima al lago, fatto di una notte lunghissima nell'acqua nera come il petrolio e di una chitarra sulla spiaggia dai sassi ancora caldi per il sole del giorno, cornetti appena sfornati all'alba e una mattina che è iniziata solo al pomeriggio, con due amiche e tre amici di quasi sempre.



in questi giorni guardo i miei ragazzi che conosco dall'anno scorso e che saluterò tra poco.

mi sembra di sentire il bisogno di stropicciarmi le dita e accavallare le gambe, perdermi tra i vocabolari e i fogli protocollo timbrati, alzare la mano e allungare lo sguardo alla ricerca del volto amico di un prof, probabilmente dopo una notte senza sonno, riempita da mille suggestioni dei filmacci di muccino e compagnia bella, partite della nazionale date per perse, pianoforti sulle spalle. ma chi se l'è inventata sta cosa del pianoforte?



si avviano alla vita vera, forse, con quella voglia che solo uno studente alle prese con la maturità può avere.



e dopo una bella vacanza, si spera.



auguro loro che l'università diventi un serbatoio di amicizie italiane, straniere, brevi e intense, lunghe e annacquate, nozioni, soddisfazioni, libri che col tempo riempiono gli scaffali, arrabbiature e litigi, bei viaggi in mezzo, cene improvvisate con gli avanzi e i coinquilini, città scoperte e imparate a memoria, piccole esperienze lavorative, fallimenti e feste sulla spiaggia, pendolarismo acuto o dolce pigrizia nel saltare le lezioni delle dieci, feste di carnevale e biennali di ogni tipo.



tanto gli esami non finiscono mai.

e la voglia di imparare?

lunedì 9 giugno 2008

il prossimo viaggio sarà un viaggio coi fiocchi: attraverserò di nuovo l'oceano, ma non mi spingerò così a sud. mi manterrò a latitudini più consuete, solo un po' più ad ovest.

come al solito le mie vacanze vengono decise e prenotate in due o tre giorni, e così è stato anche per le prossime.

un'amica ti butta lì di andare a trovarla a New York? perchè no. e quanto distano boston e toronto? che poi il giro potrebbe anche allungarsi, ma qui subentra il problema delle settimane. non oltre tre, per non spendere cifre enormi dell'aereo. e tutto il resto - o quasi - è a scrocco: avere più amici lontani che vicini dopotutto torna comodo in queste occasioni.

rivedrò jefferson, architetto bostoniano importato in italia e ri-esportato nel massachussetts. l'ultima volta che l'ho visto è stato almeno 4 anni fa in quel di venezia.

rivedrò roberto, canadese di strani incroci che a verona mi stregò il cuore ed ora è un artista e musicista. non lo vedo da sette estati.

rivedrò la bea che da venezia è finita nell'afa della grande mela. ci siamo salutate alla mia laurea.

rivedrò jason che dal texas è andato a vivere a new york con la moglie. allora non era ancora sposato e neppure laureato.

non vedo l'ora di ritrovare l'america..

mercoledì 14 maggio 2008

bene.



domani e dopodomani verrò esaminata per vedere se sono capace di fare la prof e se posso vantarmi di questo appellativo ufficialmente ufficiale al cospetto di non so chi.

dire che non me ne frega un bel niente di niente forse mi porta sfiga, ma lo dico ugualmente.



brrr.



rabbrividiamo.



poi, per la serie "il raduno più piccolo della storia dei raduni" vorrei ringraziare numero6 per avermi messo il peperoncino negli occhi e nelle orecchie trascinandomi in quel di melzo a rivivere un certo concerto di quasi tre anni fa.

martedì 29 aprile 2008

annuncio a tutti i lettori veneziani (non che abbia molti lettori, e tra questi i veneziani sono ancora meno) che da giovedì a domenica venezia avrà l'onore di ospitarmi per ben quattro giorni quattro dopo ben quasi due anni due di assenza.

il mio numero ce l'avete, spero che troviate una mezzoretta di campo santa margherita da dedicarmi.

non vedo l'ora.

preannuncio nostalgie varie e poche ore di sonno per notte, molti ponti da attraversare e un po' di colore in faccia e luce negli occhi.

venerdì 18 aprile 2008

meno zero

e così ho dato l'ultimo esame si spera della mia vita.

fa un certo effetto. mi sembrava di aver già avuto un momento, ormai tre anni e mezzo fa, in cui avevo detto: ho dato l'ultimo esame della mia vita. solo che ero a venezia, era storia della critica d'arte 2, avevo una tesi da scrivere e poca idea sul cosa fare della mia vita.



lanfranco, luca giordano, tanzio da varallo, bartolomeo manfredi, daniele crespi (attenzione non giuseppe maria crespi detto il cerano), bernini e chi altro? direi che me ne ha chiesti a sufficienza.

sono andata dicendo: spero che non mi chieda lanfranco o luca giordano. e così è stato. primi due riconoscimenti: volta della certosa di san martino e estasi di santa margherita da cortona. tiè.



cosa dire ora.. cosa fare dei pomeriggi  senza esami da studiare? senza tesi (o quasi.. solo le rifiniture) da scrivere? senza lezioni da frequentare?



riscoprirò il significato del tempo libero.



programma per i prossimi mesi: svacco sul divano e giri in bicicletta, realizzazione del mio ex libris personale, preparazione di qualche lezione qua e là, mostre a volontà, giri al lago, pila di romanzi e saggi sul comodino da assottigliare.. direi che in linea di massima ci siamo.

i viaggi sono da pensare più avanti, almeno quelli di più di due o tre giorni.

i tempi potrebbero invece essere maturi per un giretto a venezia, senza pretese, ma in realtà con moltissime pretese.

giovedì 17 gennaio 2008

la prof sta facendo i bigliettini per l'esame di domani e spera che non la becchino. ma soprattutto spera che servano a qualcosa. pensatemi tutti intensamente a partire dalle 2.30... infondetemi tutta la scienza (dell'educazione) che è in voi.

domenica 13 gennaio 2008

venerdì 4 gennaio 2008

cioè! sto STUDIANDO quella cacca di pedagogia interculturale!!! (prego guardare l'ora)

e prima ho visto il tempo delle mele 2!!! (facciamoci del male)

e fuori nevica, ma solo un pochino (ma è tutto bianco)

e ieri ho mangiato messicano e qualcuno mi ha fatto una bella sorpresa di quelle che non si dimenticano facilmente.

lunedì 17 dicembre 2007

est

in questo momento sarei probabilmente stata tra vicenza e verona, su un treno che mi riportava a milano dalla mia prima gita da prof a venezia. peccato che la mia prima gita da prof a venezia sia saltata, grazie alla pigrizia di troppi alunni che non hanno aderito a questa bella opportunità di farmi tornare nella mia città anche solo per un giorno.

naturalmente la meta era stata scelta dalla sottoscritta molto egoisticamente, per mostrare loro dal vero il bellini il giorgione il tiziano di turno che mi appassionano ogni giorno di più mentre preparo le lezioni e riprendo i miei appunti da quell'aula O di san sebastiano.

non voglio pensare all'ultima volta in cui sono stata a venezia. troppo tempo fa, troppo doloroso. voglio pensare a tutte le volte in cui sono stata a venezia, a partire dal primo viaggio della speranza (di trovare un appartamento) di un settembre di otto anni fa. rabbrividisco nel rendermi conto del tempo trascorso. due case, sette coinquiline, decine di ospiti vaganti, centinaia tra comparse, conoscenti, amici.

il punto è che voglio tornare a venezia. voglio tornare a viverci. spero di darvi il prima possibile il mio nuovo indirizzo con sestiere, numero civico, quarto piano senza ascensore e gabinetto che funziona a intermittenza. avrei bisogno di una bella cattedra lì. magari all'istituto d'arte di fianco alla chiesa dei carmini, o ancor meglio al liceo artistico di san trovaso, poco lontano dall'accademia e dalle zattere assolate. magari accompagnata da un bel dottorato a ca' foscari, avanti e indietro dai dipartimenti sparsi per le calli più lunghe e nascoste, senza dover sopportare 40 minuti di tram e metropolitana e con il fischio dei treni che arriva solo nelle sere limpide di prima estate, dal balcone rivolto ad ovest e illuminato dai raggi del sole che tramonta.P1020773

sabato 16 giugno 2007

è vacanza, almeno al 50%. le pagelle sono state consegnate, mancano solo tre esami da studiare, con saggi sul leggio in legno e il bustino di gesso per la mia schiena storta che ha da raddrizzarsi in meno di un mese.

imbattendomi in foto andaluse ho riletto parte del mio diario di viaggio. i brividi erano scontati eppure mi hanno sorpreso.

che ilaria diversa rispetto al viaggio ho conosciuto da settembre a questa parte. ma è ora di rimettersi a fare cose serie, come perdersi nei vicoli di qualche città sconosciuta e dormire in tenda.

altro che prof.

la prof va in vacanza, fino a settembre. non sarà l'andalusia stavolta, ma un paese altrettanto caliente e attraente e divertente e impertinente con millenni di storia che cercherò di toccare, con decine di nuovi amici che vorrò incontrare.

sento una crescente consapevolezza del mistero infinito che mi aspetta giorno dopo giorno, niente è scontato, tutto è da decidere, sognare,  toccare  con mano con cuore con gli occhi l'odore.

e otto fantastici mesi da prof, otto mesi da reclusa, studiosa, noiosa, nervosa da poter ricordare.

venerdì 20 aprile 2007

sono sempre qua, tra alti e bassi, notti brevi e giornate molto, molto lunghe. mi sono ricaricata di energie durante il mio giretto napoletano, e pian piano sto consumando nuovamente la pila che spero duri almeno per un altro paio di settimane. poi le cose dovrebbero iniziare a calmarsi, fino ad arrivare alla vacanza.

non sono cambiate molte cose, o forse sì.

il nocciolo è sempre quello: troppe cose e poco tempo. ma il riflettere porta ossigeno e mi siedo su un muricciolo al sole di un'estate in anticipo e incrocio le gambe per guardarmi intorno. vedo una casa immaginaria tutta mia e di qualcunaltro, vedo un viaggio ad est, nel lontano est, in un periodo di monsoni, in mezzo a profumi di spezie e povera gente per strada. vedo un concerto di qui a poco. vedo tante altre cose. ma mi si stanno chiudendo gli occhi e tra poco dormirò.

mercoledì 14 febbraio 2007

è stato un weekend di frittella coperta di zucchero, in una fiera di paese in riva al lago quando il cielo si fa scuro, gocce imperiali al profumo di anice e miele di sulla per curare la pelle, gesto-colore alla bovisa in uno spazio surreale, tra un film western, alcuni ambienti dimessi dell'Arsenale di Venezia, una fabbrica uscita da chi ha incastrato roger rabbit.

voglio la mia metà.

e voglio l'estate.

qui, adesso.



martedì 30 gennaio 2007

è il suono del treno che viaggia nel buio



la complicità di qualche canzone pescata a caso dall'ipod



strane coincidenze che hanno portato la mia vita a ributtarmi sullo studio e nel nord est



l'altra sera ho avuto la sensazione chiara di sentire le onde della mia esistenza muoversi calme e piene nella percezione limpida che ho della mia situazione.



limpida la percezione, confuso il tentativo di metterla in parole.



questa felicità legata ad una malinconia dolce, a sentimenti nuovi e antichi, a desideri sempre uguali a se stessi, mai realizzati ma proprio per questo magnetici.



sono nell'anno dei ventisette, ho persino un lavoro e sottili rughe intorno agli occhi, che cerco di cancellare con cremine dai nomi fantascientifici, chissà poi perchè. mi sembra di riuscire appena a ricomporre i pezzi di un'epoca, con i suoi pittori, letterati, pensatori, e poi mi accorgo che è solo un'illusione, che la realtà è molto più complicata e inafferrabile.



ho bisogno di venezia. camminare frettolosamente nelle calli in cui si riversano gli odori, i rumori, i colori persone edifici acqua. andare a fare la spesa con il carellino, passando sotto panni stesi, vasi di gerani, girandole colorate, piccioni insopportabili.



fatico ad incastrare venezia in questa vita di oggi. vorrei incastrare troppe cose. non mi accontento. ma sono contenta.