eyal, un ragazzo israeliano che ho conosciuto in norvegia l'anno scorso e con il quale ho mantenuto contatti telematici piuttosto frequenti, sarà in spagna nello stesso periodo in cui ci sono io. mi è parsa una cosa naturale proporgli di incontrarci in qualche tappa del mio giro, in caso fossero combaciati i tempi e gli spostamenti, non appena ho deciso la mia destinazione.
la madre di eyal mi ha chiamato oggi, quasi in lacrime, chiedendomi di non far viaggiare da solo il figlio. ha paura che gli succeda qualcosa. mi ha supplicato di andare in giro con lui, e di dire alla gente che è italiano, non menzionare mai il fatto che è un ebreo. lui ha voluto comprare un biglietto per l'europa a tutti i costi, anche se le autorità israeliane consigliano ai loro cittadini di non viaggiare all'estero, anche se la madre gliel'aveva proibito. l'unica cosa che ha potuto fare è stata questa telefonata di supplica ad insaputa del figlio, come se il mio mestiere fosse quello di guardia del corpo, come se il mio essere italiana, non ebrea, mi trasformasse magicamente in uno scudo contro le bombe, i rapimenti, le ritorsioni.
forse la mamma di eyal sta esagerando, si preoccupa troppo. forse eyal starà più al sicuro in andalusia che non a tel aviv. io non mi ero neppure posta questo problema.
quello che importa, però, è che una mamma è terrorizzata dal fatto che possano perseguitare il figlio solo perchè è ebreo.
quello che mi ha sconvolto, è che non si tratta di un paragrafo letto su un libro di storia del liceo: è una telefonata sul mio cellulare, datata 30 luglio 2006.
mi scorre sempre un gelido brivido per la schiena quando mi accorgo che i grandi eventi - che ormai entrano ed escono dalle nostre case come se fossero spifferi di vento, entrano ed escono dalle nostre orecchie come se fossero canzonette alla radio - si mischiano ai piccoli episodi di cui sono coprotagonista. peccato che i piccoli episodi prevedano la possibilità di cambiare il corso degli eventi con le proprie azioni, a differenza della Grande Storia che sembra così inarrivabile, impossibile da manovrare, far deviare.
odio questa impotenza mia, e non solo mia, davanti alle decisioni di certi "signori della guerra" che si nascondono dietro alle loro scrivanie, dietro ai loro sorrisi di plastica, dietro a strette di mano ghiacciate.