domenica 30 aprile 2006

venerdì 28 aprile 2006

vacanze romane

a roma non si paga la panna montata sopra al gelato, e le strade sono in salita e in discesa, e invece dei platani ci sono i pini marittimi e le palme (ma non quelle dei poveri come qui) sì è vero c'è un sacco di gente e ci sono anche più turisti che a venezia ma basta non andare a vedere i musei vaticani e un paio di altre cosette e basta avere un cavaliere che ti scarrozza da nord a sud, da est a ovest, da cornelia alla garbatella, dal gianicolo all'eur, a bordo del suo comodo destriero perchè roma è proprio grande grande e poi si mangia la bruschetta prima di mangiarsi la pizza ma chi l'avrebbe mai detto che mi ci sta tutto nel pancino? poi a roma c'è una ragazza dagli occhi meravigliosi con un sorriso contagioso che mi viene a prendere alla stazione insieme ad un ricciolino che mi porta dal poeta e mi fa ascoltare un sacco di belle canzoni mentre mi riporta stanca a casa e ti sembra di conoscerli da sempre. e ci sono un milione di chiese  e rovine, e tessere di mosaico, e capitelli di marmo, e mattoni intrecciati, e cocci di vasi, e l'acqua del rubinetto è quasi più buona del tè. ci sono strade che si incrociano di nuovo, cuscini su cui appoggiare dolcemente la testa, altre strade che si incrociano per la prima volta, e io cammino con i miei sandaletti greci e lo zainetto come in gita della scuola, ma la mia agenda è piena di un sacco di appuntamenti, e mi vedo con franceschino e la sua ragazza, e ritrovo anna che ci è voluto che si trasferisse a roma per passare un po' di tempo insieme, ed è per questo che sono convinta che le strade si incontrano dopo un po', anche se sono in salita e in discesa. ci sono fiori che arrivano inaspettati, auguri da israele, braccialetti di pietre colorate, bibite allo zerinol, foto scattate alla rinfusa, foto non scattate.

sabato 22 aprile 2006

zerodue

quando sul mio cellulare compare un numero con prefisso 02 (milano) incrocio l'incrociabile perchè due volte su tre si tratta di una proposta di lavoro. che sia in un negozio di vestiti, in un negozio di quadri, o qualsiasi altro genere di lavoro per cui io abbia lasciato il mio recapito, sono sempre curiosa di sapere chi mai sarààà.


ieri mi compare un numerino con lo 02 e stamattina detto fatto un colloquio, in una bella casa editrice/galleria d'arte contemporanea che sta cercando una gallerista full time.. wow! il colloquio è andato bene. apparentemente mi sto specializzando in questo settore della vendita delle opere d'arte.mah.chi lo sa poi cosa voglio fare nella mia vita. io no di certo. per ora però va bene così. "bene signorina, la chiameremo e le faremo sapere" "grazie per l'interessamento arrivederci molto gentili aspetto la vostra telefonata". mi ha rincuorato sentirli sghignazzare quando ho raccontato l'episodio del gallerista stronzo di qualche mese fa. è andata così: "ah, lei ha lavorato anche presso la galleria xyz?" (mentre scorrevano il curriculum) "sì, solo che la collaborazione non è durata molto" "come mai?" (e già ridacchiavano) "diciamo che ho preferito restare a casa che farmi sfruttare da un viscido brianzolo" (detta con altre parole, ma il succo in soldoni è quello. e giù loro a sghignazzare). evidentemente è conosciuto nell'ambiente per praticare questo tipo di sfruttamento derivatogli dal braccino corto e dalla stronzaggine insita nel suo animo di gallerista stronzo. 


aspetto anche la telefonata con lo 02 del negozio di abbigliamento. entro la fine della settimana saprò se mi hanno ingaggiato per entrare nel loro magico mondo.


intanto vado a fare una gita. ho preparato lo zainetto, la macchinetta fotografica, l'ombrellino che non si sa mai e qualche vestito.


vedrò la folletta e il rickybel per la prima volta, ermanno per la terza, e starò qualche giorno con la mia amica anna che carina mi ospiterà nella sua casuccia e spero di vedere anche la mia amica giorgi. spero di vedere anche qualcunaltro. bè il mio numero ce l'avete carini io sono lì.

mercoledì 19 aprile 2006

carini amici miei romani, sabato arrivo nella vostra affascinante città e mi fermo fino a mercoledì mattina. cosa ne dite di incontrarci?

ho tanti pensieri sparsi per la testa che colleziono durante il giorno e mi prometto di registrare qui sopra, poi me li dimentico e allora ciao.


però questi almeno li devo segnare:


gli evidenziatori verdi fosforescenti si sono ispirati alle foglie tenere che spuntano sugli alberi in questi giorni. ne sono convinta. quelli arancioni invece si sono ispirati alla luce del treno che si rifletteva sulle finestre dei palazzi esposte a ovest, poco prima che il sole se ne andasse, verso le otto, con metà cielo plumbeo e metà cielo carta da zucchero. quelli rosa per ora non lo so.


la filologia è una gran bella materia. non ci pensavo da qualche anno, ora mi sono imbattuta di nuovo in alcune interessanti divagazioni grazie allo schlosser di cui sto leggendo la letteratura artistica. invidio gli umanisti toscani e tutta la civiltà rinascimentale. vorrei leggere tutta la divina commedia e rimettermi a studiare con criterio quel periodo. purtroppo dovrei imparare un po' di latino, e magari anche il greco. però i teorici del quattro-cinquecento mi affascinano un sacco. e allora perchè ho fatto una tesi su un pittore dell'ottocento? comunque per tornare al discorso della filologia, non trovate affascinante il percorso che hanno fatto alcuni testi - per non dire tutti - nel corso dei secoli? il modo in cui si arricchiscono, con gli errori, le imperfezioni, le perdite, i frammenti. la cosa che più mi fa impazzire è che si arricchiscono proprio grazie ad elementi che razionalmente dovrebbero "impoverirli". copisti che sbagliavano a copiare, e così invece rivelano la cultura del loro tempo. miscugli di testi che non c'entrano l'uno con l'altro ma che sono copiati o stampati nello stesso codice. pergamente raschiate e riutilizzate, su cui si intravede la stratificazione (vera e propria) delle scritture. confronti, codici x y z, ok basta potrei passare per un'invasata.


l'olio di lino PUZZA.


gli occhiali di h&m presi l'anno scorso a 4.90 euro stanno facendo la muta della pellicina.


oggi a milano c'erano in giro un sacco di tifosi del barcellona per il centro, e io mi vergognavo a chiedere: come mai siete qui? c'è una qualche partita? così non l'ho chiesto. forse ho fatto bene.

lunedì 17 aprile 2006

e per fortuna che ieri sono andata in giro per i laghetti della brianza, visto che oggi non se ne parla. giornata grigissima, qualche gocciolina qua e là, e un sonno catastrofico che non mi abbandona da una settimana abbondante (nonostante dorma più di un ghiro).


le ultime novità della ila sono le seguenti:


martedì ho un colloquio per lavorare in un negozio di abbigliamento al mattino, in piazza duomo.


fine delle novità.


ok, so che dopo tutto questo non scrivere che ho fatto ultimamente uno si aspetta qualche particolare in più, ma tanto cosa vi racconto?


avrei bisogno di svegliarmi da questo torpore! datemi un litro di caffè, una decina di pizzicotti ogni ora, riempite il mio cervellino di stimoli. vi prego fate qualcosa, o questo blog diventerà il blog di una rognosa che non è mai contenta.


 

domenica 16 aprile 2006

mio papi ha vinto un uovo di cioccolato gigante.. mmm quanto adoro il cioccolato! peccato che sia fondente. per fortuna che ho anche un altro uovo di cioccolato al latte. per fortuna, per tutti i miei cuscinetti e rotolini sparsi ovunque..


buona pasqua, che poi vuol dire "passaggio". dalla morte, alla vita, o come preferite intenderlo voi.


la pasqua non poteva che essere in primavera.


 

pasqua

lunedì 10 aprile 2006

ridiamo per non piangere

la cosa che più mi piace dell'andare a votare è che torno nella mia vecchia scuola elementare, dove ogni anno mi stupisco di quanto piccolo sia il corridoio che da bambina mi sembrava enorme, e di quanto siano bassi gli attaccapanni appesi in fila fuori dalle aule, quando da bambina mi sembravano quasi inarrivabili. direi anzi che è l'unica cosa.


per una che come me vive dieci metri sopra le nuvole ed è considerata meno di zero dalla cosiddetta "società", il voto è un appuntamento fastidioso, al quale in genere cerco di non mancare, per rispetto a quanti prima di me hanno combattuto a lungo per ottenere questo diritto, e soprattutto per rispetto a quanti questo diritto non lo hanno ancora ottenuto, ma esco dal seggio sempre insoddisfatta. perchè so che, chiunque vinca o chiunque io abbia votato mi deluderà. continuerò ad essere considerata meno di zero dalla "società". mentre il politico di turno prenderà migliaia e migliaia di euro al mese per accusare il collega della legislazione precedente di aver combinato solo disastri, e riempire le orecchie della gente con parolone, paroline, parolacce che lasciano solo un gran mal di testa e il vuoto intorno a sè, io continuerò a sperare di trovare un secondo lavoretto part time per dare uno scopo all'altra metà della giornata (e superare le 500 euro al mese del mio stipendio mensile). io, con una bella ed inutile laurea in tasca, piena di tante belle e inutili speranze (bè, dopotutto le speranze sono sempre utili).


invidio quanti di voi, pieni di entusiasmo, non vedevano l'ora di disegnare con la matitina che non si cancella una bella croce sul loro segno preferito, che avevano già individuato da giorni, da settimane, o forse da mesi, per dare una svolta epocale alle loro vite. purtroppo io non riesco a vedere la cosa in modo così ottimista. io, che sono ottimista in mille altre cose, mi scopro sfiduciata, stufa, annoiata persino di parlarvi di questi argomenti sul blog.


sarà che un partito che vada bene alla sottoscritta devono ancora inventarlo.


è per questo che da domani mi candiderò io. fonderò un nuovo partito, il PdB. Partito della Bellezza. Non starà nè a destra, nè a sinistra: starà Sopra. Principale intento sarà quello di diffondere la Bellezza negli animi della gente. Per quanto riguarda la bellezza fisica, metterò a disposizione delle ragazze povere delle agevolazioni per acquistare smalti per unghie, fanghi anticellulite, ombretti, tinture per capelli, fondotinta e maschere anti-brufoli. Per quanto riguarda la bellezza spirituale, distribuirò libri e cd gratis (naturalmente di quelli che dico io!), spalancherò le porte dei musei, azzererò le tasse universitarie di tutte le facoltà ed abbatterò tutte le case orbobriose costruite senza criterio tra gli anni '50-70. fine del programma.

domenica 9 aprile 2006

i semini di finocchio del mio infuso stasera sembrano dei cetriolini in miniatura con le striature chiare. altri sembrano dei vermicelli di quelli che si appiccicano agli ami da pesca. altri ancora sembrano bananine acerbe.


ma perchè sto tanto a guardare?? adesso tolgo la bustina dalla tazza che poi mi vengono gli incubi di notte.


adoro il profumo del finocchio.


 

sabato 8 aprile 2006

Scarlet Tide (Elvis Costello)

Well I recall his parting words
Must I accept his fate?
Or take myself far from this place
I thought I heard a black bell toll
A little bird did sing
Man has no choice
When he wants everything


We'll rise above the scarlet tide
That trickles down through the mountain
And separates the widow from the bride


Man goes beyond his own decision
Gets caught up in the mechanism
Of swindler who act like kings
And brokers who break everything
The dark of night was swiftly fading
Close to the dawn of the day
Why would I want him
Just to lose him again


We'll rise above the scarlet tide
That trickles down through the mountain
And separates the widow from the bride

venerdì 7 aprile 2006

Ero senza parole ieri, quando cercavo di descrivere la magia con cui Joanie ha incantato me e moltissime altre persone un paio di sere fa, così ho preso in prestito quelle di uno che è "so good with words", e che Joan Baez l'ha conosciuta davvero bene..


Joan mi ha incantato per la prima volta, per curiosità, quando frugando tra gli LP di mia mamma ho trovato il vinile di un suo concerto degli anni '60 in Italia. Avevo 16-17 anni e stavo per iniziare la grande fase hippie della mia vita (che non si è ancora conclusa). Ho scoperto molto di più di una cantante, molto di più di una meravigliosa voce: ho incontrato un animo gentile, forte, determinato, così esile nella sua figura di Madonna dai capelli neri e lunghi, nelle dita affusolate che si muovevano tra le corde della chitarra che era il solo accompagnamento della sua voce.


C'era una canzone, oltre naturalmente alle meravigliose poesie di Dylan, che mi aveva colpito. Forse perchè il testo era semplice, forse perchè l'arpeggio era ancora più semplice. Dice così:


where have all the flowers gone, long time passing?
where have all the flowers gone, long time ago?
where have all the flowers gone? young girls picked them everyone
when will they ever learn? when will they ever learn?


and where have all the young girls gone, long time passing?
where have all the young girls gone, long time ago?
where have all the young girls gone? gone to young men everyone
when will they ever learn? when will they ever learn?


and where have all the young men gone, long time passing?
where have all the young men gone, long time ago?
where have all the young men gone? they are all in uniform
when will they ever learn? when will they ever learn?


and where have all the soldiers gone, long time passing?
where have all the soldiers gone, long time ago?
where have all the soldiers gone? gone to graveyards everyone
when will they ever learn? when will they ever learn?


and where have all the graveyards gone, long time passing?
where have all the graveyards gone, long time ago?
where have all the graveyards gone? turned to flowers everyone
when will they ever learn? when will they ever learn?


Ho scoperto molte, moltissime altre canzoni altrettanto semplici e gentili, e martedì sera le ho risentite cantare dal vivo da quella stessa voce, 40 anni dopo averle registrate. Canzoni di protesta tra le più gentili, che, come joan stessa diceva, "don't protest gently, they sound gently".


Cinque anni fa, ad Udine, nel pieno del mio periodo hippie, avevo avuto la fortuna di andare a sentirla cantare, ma allora il mondo non era ancora stato stravolto dall'11 settembre, e non si parlava troppo di guerre, di coscienza, di libertà. Joan non aveva cantato molti brani impegnati: era rimasta sul folk e sull'intimista. Martedì sera l'atmosfera era ben diversa. Il mondo è cambiato, purtroppo in peggio, o meglio, si è manifestato quel male oscuro che stava covando da parecchio tempo, di cui tutti facevano finta di non accorgersi.


Cinque anni fa avevo cantato  "Here's to you" abbracciata a lei, dopo il concerto. Le vibrazioni prodotte da quella meravigliosa voce amplificata da una cassa armonica tra le più perfette si erano propagate sul palmo della mia mano, sul mio braccio che la stringeva, sul suo braccio che mi stringeva, fino ad arrivare al cuore. Martedì sera non mi è ricapitata la stessa fortuna, ma è stato bello anche così, con una semplice stretta di mano, e un sorriso raggiante, i flash della macchina fotografica, l'aria tiepida di una notte di primavera.


 

giovedì 6 aprile 2006

The "Queen of the Folksingers", that would have to be Joan Baez. Joan was born the same year as me and our futures would be linked, but at this time to even think about it would be preposterous. She had one record out on the Vanguard label called Joan Baez and I'd seen her on tv. She'd been on a folk music program broadcast nationwide on CBS out of New York. There were other performers(...) Joan sang some ballads on her own and then sat side by side with Lightnin' and sang a few things with him. I couldn't stop looking at her, didn't want to blink. She was wicked looking - shiny black hair that hung down over the curve of slender hips, drooping lashes, partly raised, no Raggedy Ann doll. The sight of her made me high. All that and then there was her voice. A voice that drove out bad spirits. It was like she'd come down from another planet.


She sold a lot of records and it was easy to understand why. The women singers in folk music were performers like Peggy Seeger, Jean Ritchie and Barbara Dane, and they didn't translate well to a modern crowd. Joan was nothing like any of them. There was no other like her. It would be a few years before Judy Collins or Joni Mitchell would come out on the scene. I liked the older women singers - Aunt Molly Jackson and Jeanie Robinson - but they didn't have the piercing quality that Joan had. I'd been listening to a few of the female blues singers a lot, like Memphis Minnie and Ma Rainey, and Joan was in some kind of way more like them. There was nothing girlish about them and there was nothing girlish about Joan, either. Both Scot and Mex, she looked like a religious icon, like somebody you'd sacrifice yourself for and she sang in a voice straigh to God... also was an exceptionally good instrumentalist.


The vanguard record was no phony baloney. It was almost frightening - an impeccable repertoire of songs, all hard-core traditional. She seemed very mature, seductive, intense, magical. Nothing she did didn't work. That she was the same age as me almost made me feel useless. However illogical it might have seemed, something told me that she was my counterpart - that she was the one that my voice could find perfect harmony with. At the time there was nothing but distance and worlds and big divides between her and me. I was still stuck in the boondocks. Yet some strange feeling told me that we would inevitably meet up. I didn't know much about Joan Baez. I had no idea that she'd always been a true loner, kind of like me, but she'd been bounced around a lot and lived in places from Baghdad to San Jose. She had experienced a whole lot more of the world than I ever did. Even so, to think that she was probably more like me than me would have seemed a little excessive.


There was no clue from her record that she was interested in social change or any of that. I considered her lucky, lucky to get involved in the right kind of folk music early on, get up to her eyeballs in it - learn how to play and sing it in an expert way, beyond criticism, beyond category. There was no one in her class. She was far off and unattainable - Cleopatra living in an Italian palace. When she sang, she made your teeth drop. Like John Jacob Niles, she was mighty strange. I'd be scared to meet her. She might bury her fangs in the back of my neck. I didn't want to meet her, but I knew I would. I was going in the same direction even though I was way back of her at the moment. She had the fire and I felt I had the same kind of fire. I could do the songs she did, for starters... "Mary Hamilton", "Silver dagger", "John Riley", "Henry Martin". I could make them drop into place like she did, but in a different way. Not everyone can sings these songs convincingly. The singer has to make you believe what you are hearing and Joan did that. I believed that Joan's mother would kill somebody that she loved. I believed that. I believed that she'd come from that kind of family. You have to believe. Folk music, if nothing else, makes a believer out of you.


(Bob Dylan - Chronicles, vol. 1)



 

lunedì 3 aprile 2006

ha guadagnato seimila punti..

..questo newsgrupparo, che già stimo enormemente.


su bambini, andate a studiarvi per bene questa paginetta che domani vi interrogo. voglio citazioni a memoria, e mi raccomando i nomi e le date. se lo ritenete opportuno potete portarmi un approfondimento, o una tesina. chiedete pure alla sottoscritta per una bibliografia di partenza.


naturalmente il campo d'indagine è stato volontariamente ristretto. invito pertanto il gentile autore dell'intervento ad illustrare anche la produzione dei decenni successivi, in modo da istruire le masse, far circolare le idee, innalzare gli animi.


su una sola cosa non concordo: l'affermazione alla prima riga del secondo capoverso. ma quelli sono gusti.


 

sabato 1 aprile 2006

(tra parentesi)

questo sabato sera sta prendendo una brutta piega: ho iniziato a fare dei gustosi sandwich di biscotti imbottiti di nutella.. :(

ridendo e scherzando (mica tanto) questo blog ha compiuto un anno qualche giorno fa (e io che mi sono pure dimenticata di fargli gli auguri!).
è da un quarto d'ora che mi diverto a leggere "cosa ho fatto oggi un anno fa" e.. cavoli, come sono cambiate le cose, com'è passato il tempo :(


credo di essere entrata nella fase della vita di una persona in cui invece che andare sempre avanti si vorrebbe tornare indietro, perchè indietro si stava troppo bene..


io adesso non posso dire di star male, ma non sto nemmeno bene. o meglio, sto bene nel vedere le foglioline nuove che spuntano dai rami scuri degli alberi, e sto ancora meglio ad osservare quegli stessi rami coperti di fiori bianchi, rosa, viola, gialli. so che sfioriranno presto, come sono già sfioriti i bulbi seminati mesi fa nel giardino. ma mi fanno star bene, perchè so che l'anno prossimo questa festa si ripeterà. sto bene quando esco dalla galleria a fine giornata e la luce in cielo mi dice che no, la giornata non è ancora finita. sto bene quando cammino accaldata per le strade di milano, magari con la giacca in mano e il sole in faccia.


sto un po' meno bene quando penso che non vorrei essere a milano, ma a venezia. si può aver nostalgia anche del sito web dell'università ca' foscari???? ieri pomeriggio, in un momento di calma piatta, mi sono messa a girovagare sul sito della facoltà, a leggiucchiare i nomi dei laureandi, a sbirciare il programma di quest'anno di storia della critica d'arte, a svolazzare con l'immaginazione da un dipartimento all'altro, salendo le scale di quegli antichi palazzi, aprendo le porticine scricchiolanti e storte che seguono la pazza geometria lagunare. ecco, a venezia la primavera non si vede con i fiori come nei campi della brianza, ma si percepisce nella luce che si riflette nell'acqua e la fa diventare più colorata, nelle finestre che sbattono al vento, nella sera che non si raffredda mai veramente.


se fossi adesso a venezia probabilmente sarei ancora in giro da questo pomeriggio, a godermi l'aria tiepida e i passi di qualche frettoloso affamato che sta rincasando. oppure me ne starei spaparanzata sul divano del mio primo appartamento insieme alle mie coinquiline, aspettando di capire cosa combinare per la serata. oppure potrei essere accoccolata sulla sedia bianca del tavolo della cucina con il ripiano di marmo grezzo freddo, le poche stoviglie delle mie cenette solitarie nel lavandino, e una tazzona di tè fumante con il cellulare e le chiavi di casa di fianco, in attesa di una telefonata.


sembra tutto così reale, eppure è tutto qui dentro la mia testa, niente è vero. pensavo che il ricordo di venezia si sarebbe affievolito con i mesi, la routine, un lavoro, ma evidentemente non ne sono mai stata troppo convinta.